Antonio Troise
Il “Cigno nero” è l’evento imprevisto e imprevedibile che può deviare il corso della storia. E’ comparso nel 2011, con la grande crisi finanziaria che, nata negli Stati Uniti, ha messo in pericolo l’Europa e i nostri risparmi. Nove anni dopo, un’altra terribile emergenza, quella del Covid, con il suo drammatico bollettino di vittime e una montagna di macerie, economiche e sociali, paragonabili a quelle di un conflitto mondiale. In entrambi i casi, per quelle straordinarie coincidenze che solo la Storia riesce a creare, a combattere il Cigno nero c’è lo stesso “Cavaliere bianco”, all’anagrafe Mario Draghi, prima alla guida della Bce e ora nella tolda di comando di Palazzo Chigi, chiamato dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, a mettersi alla testa di un governo di unità nazionale, l’ultima carta che il Paese può giocare per evitare il naufragio. Il bel libro di Roberto Napoletano, “Mario Draghi. Il ritorno del Cavaliere Bianco” (La Nave di Teseo), merita di essere letto per due motivi. Il primo, perché ripercorre l’ultimo anno con una cronaca ragionata e attenta degli eventi che hanno trasformato il paese in un sorta di “Titanic”, già piegato sul baratro dell’oceano. Il secondo, è perché Napoletano, ex direttore del Sole 24 ore e del Messaggero, oggi alla guida del Quotidiano del Sud, è l’unico giornalista italiano ad aver intervistato Mario Draghi quando era presidente della Bce. Come a dire, lo ha visto da “vicino” molto prima che facesse il suo ingresso sulla scena politica italiana. “Un grande italiano”, scrive Napoletano, “chiamato a dare il suo contributo alla rinascita del Paese come è capitato, nel dopoguerra ad Alcide De Gasperi”, un altro nome che non a caso ritorna spesso nel libro. “Mario Draghi è l’uomo che ha firmato l’atto risolutore della grande crisi. Ha salvato l’Europa”. Con “tre parole, uscite dalla sua testa (Whatever it takes, “costi quel che costi”) che sono lui: l’analisi empirica, l’intelligenza politica, il dono della sintesi”. Tre parole che danno l’esatta cifra dell’uomo. Lo abbiamo cominciato a capire negli ultimi giorni, quando si sono intensificate le sue uscite ufficiali. “Mario Draghi ha una qualità che viene prima di tutte. Guarda al sodo. Che vuol dire la sostanza delle cose sfrondata dai dettagli. Non usa mai frasi ampollose o termini che non si capiscono. Se lo senti, sai cosa pensa. A volte sbaglia, solo chi non fa non sbaglia, molto più spesso la indovina, ma il metodo è sempre lo stesso. Quello della competenza tecnica utilizzata per decidere, non fine a se stessa”, spiega Napoletano.
Rimbalzano sull’uomo anche le tante fake news che sono cominciate a girare sul personaggio, come quella che lo dipinge con il volto cinico del banchiere centrale che negli anni della crisi, aveva messo sul piatto anche la fine della Grecia. Invece, racconta Napoletano, “in un famoso scambio del luglio 2015, Draghi interruppe il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble: “Non sono stupido,” rispose stizzito il ministro. Il presidente della Banca centrale europea aveva ribadito che l’uscita della Grecia dall’euro ci avrebbe fatto entrare in una terra incognita, provocando una reazione nervosa del ministro delle finanze tedesche, stretto tra la ragione del suo interesse politico e l’evidenza lineare del ragionamento di Draghi che non poteva sfuggire a un uomo esperto e competente come lui”.
Certo, per una di quelle singolari coincidenze del destino, colpisce che debba essere il banchiere centrale europeo a inchiodare la politica alle sue responsabilità. Ma il pericolo più grande che corre oggi Draghi, avverte Napoletano, “è che lo si carichi così tanto di aspettative da ritenere che possa risolvere tutti i problemi in un battibaleno. In realtà lui, anche questa volta, sta guardando al sodo. Sa che deve fare bene due cose, Piano vaccini e Recovery Plan, e lì è tutta la sua concentrazione”. Se Draghi resta su piazza per un po’, diventerà un riferimento internazionale per l’Italia come lo è stato per l’Europa con la battaglia vinta dell’euro. “Ogni italiano in buona fede non può che augurarselo e metterci del suo perché ciò avvenga”, conclude Napoletano. Un augurio che non possiamo non condividere.