La doccia fredda di un Pil che torna al segno meno dopo quasi quattro anni ed evoca la parola recessione fa da acceleratore al disgelo con Bruxelles. È ovvio che il dato avrà effetti sul prossimo anno e che metterà ancora più in dubbio la stima del governo sulla crescita del Pil dell’1,5%. Significa meno gettito, dunque meno margini e di conseguenza la necessità di rafforzare la manovra più di quanto già oggi è ritenuto necessario. Per questo la trattativa tra Roma e l’Europa va avanti in terra sudamericana: la linea del Piave del 2,4 è caduta da giorni e ora si combatte sotto il fronte del 2,2 per cento di deficit-Pil con i due leader gialloverdi ormai convinti che bisogna «rivedere la struttura complessiva della manovra» e «rifare i conti». Il tentativo è quello di convergere sullo schema Conte che ieri a Buenos Aires ha annunciato: «Stiamo lavorando per rifare la manovra e per evitare la procedura d’infrazione, sono assolutamente fiducioso su una soluzione entro l’Ecofin del 17 dicembre». Nel linguaggio dei numeri di Tria – come ha confermato ai suoi ieri durante i lavori del G20 di Buenos Aires – significa posizionarsi al 2 per cento. Si tratterebbe di ridurre il deficit di 7 miliardi e dunque di tagliare le misure di 4-5 miliardi (ipotesi ufficialmente negata da Palazzo Chigi in serata) e trovare nuove coperture per 2. L’obiettivo del Tesoro, mentre la procedura formalmente non arretra, come dimostra il nuovo severo giudizio del Comitato economico e finanziario di giovedì, è quello di agire in fretta anche per sfruttare la frase aggiunta in calce all’opinione degli sherpa che lascia la porta aperta in caso di «ulteriori elementi di dialogo». Intanto il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, intervistato dal Mattino spiega che l’Italia «frena come conseguenza di un approccio non orientato alla crescita. In particolare, si depotenziano due strumenti che hanno mostrato di avere effetti positivi sull’economia reale come Industria 4.0, il credito d’imposta su ricerca e sviluppo e il credito d’imposta sugli investimenti che riguarda esplicitamente il Mezzogiorno. E pensare che lo scorso anno questa misura è stata in grado di provocare prenotazioni per investimenti superiori ai 6 miliardi».