Arretrato eccessivo, personale insufficiente, riforme buone solo sulla carta. L’inaugurazione dell’anno giudiziario nei vari distretti mette in vetrina i vecchi mali della giustizia, ma alle lamentele per un sistema vicino al punto di “non ritorno” si sommano le preoccupazioni per mafie sempre piu’ diffuse, anche al nord, per le infiltrazioni criminali del mondo ultra’, per la corruzione dilagante e anche per il costo dei ‘processi lumaca’: secondo il rappresentante del ministero della Giustizia, Mario Barbuto, la legge Pinto, che obbliga lo Stato a risarcire i cittadini che subiscono un danno derivante dalla eccessiva lunghezza dei procedimenti, “e’ costata allo Stato oltre 723 milioni”, in media una settantina l’anno negli ultimi dieci anni.
“In tempi di crisi economica, una giustizia inefficiente rallenta ulteriormente la crescita”, ammette da Genova anche il guardasigilli, Andrea Orlando: “Il governo – ricorda – ha posto con forza il tema della giustizia civile, perche’ essa rappresenta il terreno di contatto quotidiano tra il cittadino e l’amministrazione della giustizia”. Il procuratore generale presso la Corte d’Appello di Torino, Marcello Maddalena, non risparmia invece critiche a Matteo Renzi: “la sua riforma – attacca – per il modo con cui e’ stata attuata, con decreto legge, e per i commenti sprezzanti che l’hanno accompagnata, ‘ancor ci offende'”.- “Evidentemente – ironizza Maddalena – il premier non ha trovato niente di meglio che ispirarsi al personaggio di Napoleone della Fattoria degli animali, che aveva scoperto, per tutti i problemi della vita, il grande rimedio: lavorare, anzi far lavorare gli altri, di piu’. Fino a farli crepare dalla fatica”. “Da una attenta lettura delle vicende giudiziarie – denuncia il presidente della Corte d’Appello di Milano, Giovanni Canzio – emerge che la presenza della ‘ndrangheta al nord deve essere letta in termini non gia’ di mera ‘infiltrazione’, quanto piuttosto di ‘interazione-occupazione'” di pezzi della societa’, delle istituzioni, dell’economia. Lo Stato, assicura Canzio, riservera’ “presenza e attenzione” a Expo 2015, soprattutto per prevenire e reprimere “qualsiasi forma di violenza di natura eversiva o terroristica o di matrice fondamentalista”. I procedimenti per reati di criminalita’ organizzata aumentano anche in Emilia Romagna, dove il presidente della Corte di Appello di Bologna, Giuliano Lucentini, mette in guardia “dall’enorme pericolo che corre il Paese se i suoi giudici sono delegittimati”.
Se Enrico Ognibene, presidente del Tribunale di Firenze, invoca “il coraggio di una scelta radicale: l’introduzione di un unico rito per tutto il processo civile”, il procuratore generale facente funzioni della corte d’appello di Roma, Antonio Marini, torna sull’inchiesta del momento, quella su ‘Mafia capitale’, “un’organizzazione di tipo mafioso, capace di intimidire e corrompere politici di ogni schieramento e mettere le mani sugli appalti e i servizi pubblici del Campidoglio”. Da Marini arriva anche un altro tipo di allarme, quello per un calcio “diventato un grande business, ma anche una potentissima arma di consenso e di coesione sociale, elementi di cui la criminalita’ e’ alla costante ricerca”. Ecco perche’ “in questi ultimi anni – sottolinea Marini – i rapporti tra la criminalita’ organizzata sono diventati sempre piu’ stretti e connotati di ambiguita’, soprattutto quelli con la tifoseria degli ultras”.
“La corruzione? E’ il collante tra imprenditoria spregiudicata e violenta e una certa amministrazione, alimentata da una malapolitica priva di ogni riferimento di valori”, ribadisce il presidente della Corte di Appello di Napoli, Antonio Buonajuto, che raccomanda di contrastare “quest’area ‘grigia’ che disprezza ogni regola”. A Napoli si indaga sull’ascesa dei clan, ma anche su eventuali rapporti “tra cellule terroristiche e camorra. Ci sono troppi reati ‘spia’ come la falsificazione dei documenti che fanno crescere l’allarme”. Da Bari, Maurizio Carbone, segretario dell’Anm, difende la bonta’ del lavoro delle toghe (“il recente dato emerso dal lavoro della Commissione europea sulla efficienza della giustizia – ricorda – pone i giudici italiani al primo posto come produttivita’ nella definizione dei processi penali e al secondo posto in quelli civili”), sottolineando come “il male della giustizia non siano certo i magistrati, ma chi intasca le tangenti”.
Per il presidente della Corte d’Appello di Reggio Calabria, Giovanni Battista Macri’, “la crisi ha un solo nome: lentezza dei tempi di decisione dei giudizi, civili e penali, che mina la certezza delle situazioni giuridiche, ostacola lo sviluppo economico, elide l’effetto deterrente della pena”. Ed anche per il presidente reggente della Corte di appello di Palermo, Vito Ivan Marino, “la maggiore criticita’ dell’amministrazione della giustizia rimane quella dell’eccessiva durata del processo, che nel nostro Paese ha raggiunto livelli insostenibili, come stigmatizzato dall’Ue”