Da una parte le promesse elettorali e gli impegni dei partiti di maggioranza del governo. Dall’altra la realtà dei numeri e i verdetti dei mercati finanziaria. La manovra economica del 2019 è sempre di più il difficile equilibrio fra due mondi contrapposti, quello della politica e quello dell’economia. Un dialogo fra sordi, almeno per il momento. Il vertice di venerdì a Palazzo Chigi sulla prossima Legge di Bilancio, ufficialmente si è chiuso con un via libera alle due misure principali messe in campo da i Cinquestelle e la Lega: l’avvio della Flat Tax e l’introduzione del Reddito di Cittadinanza. Il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, ha ascoltato, preso appunti, ma poi ha fatto chiaramente capire che difficilmente si potrà avere tutto e subito. Anzi, dal suo punto di vista, sono due le parole chiave imprenscindibili. La prima è ”gradualità”. Vale a dire che gli interventi potranno essere avviati anche l’anno prossimo ma mancheranno a regime solo in un arco temporale più lungo, che potrebbe abbracciare anche l’intera legislatura. Ma la seconda parola ripetuta fino alla nausea da Tria è quella della “compatibilità”: difficilmente il ministro dell’Economia firmerà provvedimenti che vadano contro gli impegni assunti dal nostro Paese con Bruxelles sul fronte del debito e del deficit.
I conti sono presto fatti. Per avviare il reddito di cittadinanza servirebbero non meno di 5 miliardi di euro. Più o meno la stessa cifra necessaria per cominciare a rimettere mano alla riforma Fornero. Se aggiungiamo a questo i 2-3 miliardi che servono per far partire la Flat Tax almeno per le partite Iva e i redditi più deboli, arriviamo a quota 12 miliardi. Ma non basta. Servirebbero almeno altri 12,5 miliardi per evitare l’aumento dell’Iva nel 2019 e altri 4 miliardi per fare fronte alle cosiddette ”spese indifferibili” come, ad esempio, il rifinanziamento delle missioni internazionali. Senza contare, poi, i 5 miliardi che potrebbero mancare all’appello per effetto della minore crescita. Insomma, se davvero volesse accontentare i due soci di maggioranza del governo senza scontentare l’Unione Europea, Tria dovrebbe mettere insieme una legge di Bilancio di oltre 40 miliardi di euro. Basata tutta su interventi strutturali e senza una tantum. Un esercizio praticamente impossibile.
Per ora la trincea del responsabile di via Venti Settembre ha retto. Ma sulle piazze finanziarie, cominciano ad avvertirsi sinistri scricchiolii. L’impennata dello spread registrata nell’ultima settimana è un segnale da non sottovalutare. L’Italia non può permettersi salti nel vuoto. O, lasciarsi trasportare da tentazioni “sovraniste” o, peggio ancora, ”populistiche“. Perchè, prima ancora di Bruxelles, sarebbero i mercati a non capire.