Le maledizioni non sono un’esclusiva delle mummie egizie. In Italia la più famosa riguarda la mummia di Òtzi, ucciso da una punta di freccia e conservatosi quasi integro per circa 5.300 anni nel ghiacciaio di Schnalstal, al confine fra Italia e Austria.
Ritrovato nel 1991 dal turista tedesco Helmut Simon, un anno dopo “fece la sua prima vittima”: Rainer Henn, il patologo che per primo ne aveva esaminato il corpo. E nacque la leggenda: dal 1992 al 2005 altre 7 persone che avevano avuto a che fare con la mummia morirono (almeno un centinaio dei suoi studiosi godono però sempre di ottima salute!).
Molto più selettiva, la presunta maledizione dei Bronzi di Riace si dice sia costata la vita a tre persone: le due statue furono recuperate il 21 e 22 agosto 1972, a 10 metri di profondità, al largo della costa di Riace Marina, grazie alla segnalazione di un sub dilettante, Stefano Mariottini. A dicembre, l’uomo perse moglie e figlio in un tragico incidente stradale. Poco dopo morì anche l’unico cronista presente al recupero: Luigi Le Boffe, de II Tempo.
Ma, proprio come in vita, è alla maledizione del crudele conquistatore turco-mongolo Tamerlano che si dovrebbe la strage più grande. Gli archeologi russi non si lasciarono intimorire dall’iscrizione posta accanto al suo sepolcro a Samarcanda (Uzbekistan): “Quando tornerò alla luce, il mondo tremerà”, diceva. E cosi, il 22 giugno 1941, tre giorni dopo l’apertura della sua tomba, le truppe di Hitler invasero la Russia, causando milioni di morti.