Alessandro Corti
“A pensare male si fa peccato, ma spesso ci si azzecca” sentenziava il “divo” Giulio Andreotti, uno che sicuramente di politica se ne intendeva. E forse mai citazione, paradossalmente, fu più “azzeccata” scorrendo la lista delle primarie a candidato premier del Movimento Cinque Stelle. Dentro c’è di tutto, dal sindaco mancato all’artigiano, dal perito elettrotecnico all’ex consigliere circoscrizionale. Ma di “big”, quello che di fatto si sente già presidente del Consiglio in pectore, ce n’è uno solo, il vicepresidente della Camera, Luigi De Maio, l’uomo che più di ogni altro ha portato in giro l’immagine di un Movimento in giacca e cravatta, capace di parlare anche ai poteri forti riuniti a Cernobbio. Si sono sfilati dalla corsa tutti i suoi possibili competitor, da Di Battista a Fico. Solo una senatrice, Elena Fattori, non ha resistito alla tentazione. Ma neanche i più arditi bookmaker si azzardano a scommettere sulla sua vittoria. Mentre l’auto-candidatura di Saviano ha solo il sapore di una velenosa provocazione. Insomma, ancora una volta quelle di primarie sembra una lotteria “truccata”, un meccanismo fatto apposta per assecondare le scelte dei padre-padrone del Movimento, Beppe Grillo. E’ vero che ufficialmente l’ex comico resta alla finestra del suo albergo romano, per sfuggire ai giornalisti e tirarsi fuori dalla mischia. Ma, nella realtà, l’impressione è che dietro il listone dei candidati ci sia la solita “manina” che dirige, dall’alto, i cinque stelle, più o meno come fanno, di solito, i leader dei partiti. Un paradosso per un Movimento che era nato proprio per scardinare il vecchio sistema politico e per “rottamare” un’intera generazione di politici di professione.
Eppure è proprio in questi passaggi che l’organizzazione di Grillo mette a nudo i suoi limiti, per lo meno organizzativi. Dimostrando, se ancora ce ne fosse bisogno dopo le tante esperienze accumulate, che la Rete non è automaticamente sinonimo di “democrazia e non basta per scardinare un sistema politico o per selezionare una nuova classe dirigente. Va utilizzata per quello che è, uno strumento di partecipazione e di condivisione anche di piattaforme politiche o elettorali. Da questo punto di vista, Grillo è stato un grande innovatore, rompendo i tradizionali schemi della comunicazione politica e anticipando tendenze che ormai cominciano a fare parte di tutti i partiti. Dare uno sguardo ai tweet o alle slide di Renzi per rendersene conto. Ma, detto questo, la corsa per le primarie e lo strano listone di candidati “fantasma” sembra quasi sconfessare l’anima del Movimento, che rischia di essere la spazzato via proprio da quell’anti-politica di cui Grillo è stato, fino a ieri, il principale portavoce. A pensare male…