Politica interna
Dissidenti M5S. «Se devono espellermi che lo facciano subito. Non voglio stare in agonia troppo, anche perché continuano ad arrivarmi minacce di morte». La senatrice Elena Fattori aspetta di parlare con il capogruppo e le sue parole raccontano il clima nel Movimento 5 Stelle. La riunione congiunta che ieri sera doveva segnare lo show down è stata rinviata. Perché non è stato trovato nessun accordo e i quattro dissidenti insistono nell’annunciare il loro voto contrario al decreto sicurezza. Luigi Di Maio è preoccupato e il perché lo spiega la stessa Fattori: «Le opposizioni potrebbero chiedere il voto segreto. E a quel punto non escludo che i voti contrari siano molto più di quattro». Infatti quelli che ci hanno messo la faccia sono una decina, ma la truppa dei «dissidenti» rischia di essere molto più nutrita. Una fonte parlamentare dice che la fronda interna al M5s è già formata da «una trentina di parlamentari tra Camera e Senato che potrebbero arrivare a quaranta». Dopo il post di lunedì del capo politico, in cui si invitava alla compattezza, ieri è arrivato l’avvertimento del capogruppo al Senato Stefano Patuanelli: «Se verrà posta la fiducia e voteranno contro si aprirà per forza un’azione disciplinare».
Cresce il numero dei dissidenti interni al M5S.- Nomine Rai, Carboni al Tg1, Sangiuliano al Tg2 e Paterniti al Tg3. – Italia, crescita del Pil ferma a zero nel terzo trimestre. Conte: “Dato previsto”. – Tav, Toninelli: “Tratto lo stop con la Francia”. Boccia: “Non blocchiamo le infrastrutture”. – Trump contro lo Ius soli: “Toglierò la cittadinanza per nascita, legge ridicola”.
Nomine RAI. L’amministratore delegato Fabrizio Salini porta al voto del Consiglio di amministrazione presieduto da Marcello Foa solo le direzioni delle tre principali testate giornalistiche e di Radiorai-Giornale Radio. Giuseppe Carboni, attuale caporedattore del Tg2, è il nuovo direttore del Tg1 (in «quota» M5S) al posto di Andrea Montanari. Gennaro Sangiuliano, oggi vice direttore del Tg1, dirigerà il Tg2 (sostenuto da Lega e Forza Italia) al posto di Ida Colucci. Giuseppina Parerniti, oggi vicedirettrice della TgR (anche lei «gradita» al M5S) sostituirà al Tg3 Luca Mazzà che verrà subito nominato direttore di Radio1-Giornale Radio, diretto ora ad interim da Roberto Pippan. Per la prima volta dalla fine del monopolio democristiano sulla Rai, la maggioranza di governo controllerà dunque tutti i telegiornali del servizio pubblico. Non era mai successo. Un telegiornale, almeno un telegiornale, era sempre rimasto fuori dalla sfera d’influenza del governo di turno (che puntualmente occupava gli altri due). Stavolta no. Intendiamoci: nessuno dei tre giornalisti che oggi saranno nominati direttori dal cda Rai ha in tasca una tessera di partito (come non ce l’avevano i loro predecessori), ma anche stavolta il modo in cui sono stati scelti rivela in trasparenza la mano dei rispettivi sponsor.
Politica estera
Trump contro lo Ius soli. Si legge nella Costituzione americana, 14° emendamento: «Tutte le persone nate o naturalizzate negli Stati Uniti, e soggette alla sua giurisdizione, sono cittadini degli Stati Uniti…». Sostiene Donald Trump: «Siamo l’unico Paese nel mondo così stupido da consentire una cosa del genere… Chiunque può venire qui, avere un figlio che diventa cittadino americano. Ho intenzione di cancellare tutto ciò con un ordine esecutivo, mi dicono che lo posso fare, è nei miei poteri». Viene così messa in discussione una delle leggi che aveva contribuito a creare il mito del «Grande sogno americano». La norma in realtà subirebbe una restrizione per i figli nati negli Usa da immigrati illegali o da persone che non essendo cittadini americani, vi risiedono anche con un permesso temporaneo di soggiorno. Il principio sancito è chiaro: chiunque nasca sul territorio dell’Unione e sia soggetto alla sua giurisdizione – fatta eccezione, quindi, per diplomatici ed eventuali truppe straniere d’occupazione – ne è automaticamente cittadino secondo i principi ispiratori della «common law» inglese mutuata dai primi coloni.
Rapporti internazionali. Primo e autorevole ministro italiano a visitare il Qatar dopo la nascita del governo giallo-verde, il vice-premier Matteo Salvini benedice l’amicizia tra l’Italia e il Qatar con una visita a Doha all’insegna del pieno accordo e del totale “sdoganamento” dell’emirato da parte dell’Italia. Salvini, in diretta Facebook, dice che da mesi il Paese del Golfo «non è più un punto di partenza e terra di sponsorizzazione di estremismi e fanatismi». È al contrario «stabile e sicuro, qui l’estremismo islamico non ha futuro, come ho potuto toccare con mano». Nel frattempo sembra tornato il sereno tra Italia e India a giudicare dai progetti italoindiani lanciati durante il Tech Summit in corso a New Delhi. Era stato, del resto, lo stesso premier indiano, Narendra Modi in visita di Stato in Italia nell’ottobre del 2017 a chiedere all’allora Presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, di copresiedere il Tech Summit. Il più dinamico dei Paesi BRICs, con una crescita superiore al 7% è tornato a guardare al nostro Paese dopo la lunga crisi dovuta alla vicenda dei fucilieri di Marina, Salvatore Girone e Massimiliano Latorre, accusati di avere ucciso nel febbraio del 2012 due pescatori del Kerala scambiandoli per pirati.
Economia e finanza
Crescita del Pil a zero. Dopo tre anni l’Italia smette di crescere. Nel terzo trimestre del 2018 l’Istat stima che il Pil, corretto per gli effetti di calendario e destagionalizzato, sia rimasto invariato rispetto al trimestre precedente. Pesa, in particolare, la diminuzione del valore aggiunto dell’industria. Il tasso tendenziale di crescita è pari allo 0,8 per cento. La variazione acquisita per il 2018 è pari a +1 per cento. «E’ uno stop congiunturale che riguarda tutta l’Europa — ha provato a buttare acqua sul fuoco il premier Giuseppe Conte—. Per questo abbiamo pianificato una manovra espansiva». In realtà, fibrillazioni dell’economia globale a parte, l’Italia è riuscita a complicarsi la vita da sola. E lo scontro con l’Ue unito alle tensioni sullo spread (salito ieri a 311 punti base) rischiano nei prossimi mesi di chiedere un pedaggio ancor più salato alla nostra economia. Di Maio ha attaccato il Pd: «Il risultato del 2018 dipende dalla manovra approvata a dicembre 2017, che è targata Partito democratico».
Scontro M5S-Lega sulla Tav. Ieri nell’aula del parlamentino piemontese dove si discuteva di Tav tra gli esponenti del Movimento 5 stelle e quelli della Lega sono state scintille. Le posizioni opposte sulla Tav, che in Piemonte per i 5 Stelle è diventata quasi mitologia, hanno acceso gli animi da subito, da quando il presidente Sergio Chiamparino, che torna a «minacciare» il referendum «nel caso in cui il governo dovesse bloccare tutto», ha snocciolato i dati di traffico merci sulla linea attuale per confermare l’utilità dell’opera. Mentre in Piemonte si litiga, a Roma il ministro delle infrastrutture Danilo Toninelli fa un altro passo avanti, come se la decisione sul sì o no alla Tav non dovesse più attendere l’esito dell’annunciata analisi costi-benefici: «Ci metteremo d’accordo con la Francia per non fare la Tav – ha detto il ministro – Mi risulta che Macron l’abbia esclusa dalle priorità infrastrutturali proprio dopo aver valutato costi e benefici. E non ha stanziato risorse per finanziare il percorso dalla galleria a Lione». Vincenzo Boccia parlando ad Ivrea, all’assemblea degli industriali Canavesi: «Vorremmo che qualcuno ci spiegasse perché la Torino-Lione non si deve fare, perché scippare il futuro ai nostri giovani con ideologie rivolte ai propri elettorati». Per il presidente di Confindustria «le infrastrutture sono una questione nazionale».