Politica interna

Salvini, il voto online dei M5S: no al processo   Rousseau salva Matteo Salvini. La base MSS dice no al processo nei confronti del vicepremier leghista sul caso Diciotti, ma gli iscritti si spaccano. L’esito, comunicato alle 22 sul Blog delle Stelle, mezz’ora dopo la chiusura delle votazioni online sulla piattaforma Rousseau, fornisce questo responso: il 59,05 per cento (30.948 votanti) si è schierato contro l’autorizzazione a procedere, il 40,95 (21.469 elettori) a favore. Non proprio il plebiscito che i vertici 5S si aspettavano. «Grazie a tutti quelli che hanno partecipato alla votazione online» ha detto il vicepremier Di Maio: «Far votare i cittadini fa parte del nostro dna, lo abbiamo sempre fatto come accaduto per il contratto di governo, per la scelta dei nostri parlamentari o per i programmi». Non sono mancate tuttavia critiche e polemiche per i ritardi e le difficoltà di voto. Molti attivisti non sono riusciti a votare: tra questi la senatrice grillina Elena Fattori. Intanto il Parlamento europeo ha reso noti glidei sondaggi nazionali in vista delle elezioni del 23-26 maggio. La Lega di Matteo Salvini potrebbe diventare il secondo partito per numero di seggi all’Europarlamento (27 contro i 29 della Cdu-Csu tedesca), rafforzando l’ala euroscettica e sovranista che tuttavia, pur diventando più influente, non appare in grado di sovvertire gli equilibri a Strasburgo. Questa la sintesi della prima fotografia del prossimo emiciclo, pubblicata dal Parlamento europeo

I genitori di Renzi agli arresti domiciliari   I genitori di Matteo Renzi, Tiziano Renzi e Laura Bovoli, sono agli arresti domiciliari per bancarotta fraudolenta e false fatturazioni. Le misure cautelare sono state emesse dal gip di Firenze. Secondo l’accusa avrebbero provocato il fallimento di tre cooperative dopo averne svuotato le casse. Matteo Renzi ha detto di «aver fiducia nella giustizia» ma che la misura cautelare sarebbe «assurda e sproporzionata». Secondo i magistrati, l’ordinanza di custodia cautelare si è resa necessaria perchè, avendoi genitori di Matteo Renzi «rivestito ruoli di amministratori di fatto e avendo gli stessi agito tramite “uomini di fiducia”, non è possibile ritenere sufficiente una misura quale il divieto di esercitare uffici diretti di persone giuridiche ed imprese atteso che essa consentirebbe di impedire agli indagati di rivestire solo cariche formali, lasciandoli invece liberi di agire con condotte assai più subdole e pericolose perché di più difficile accertamento».

Economia e finanza

Conti pubblici, Giorgetti non esclude una manovra-bis   «La manovra-bis? Lo vedremo nei prossimi mesi». Sono bastate poche parole pronunciate in mattinata dal sottosegretario a Palazzo Chigi Giancarlo Giorgetti per riaccendere i fari sulle sorti dei nostri conti pubblici. Da Forza Italia al Pd, le opposizioni tornano a farsi sentire evocando i rischi di «una manovra correttiva fra i 7 e i 15 miliardi» (Renato Brunetta, Fi) e di una «patrimoniale a cui ci opporremo con tutte le forze» (Luigi Marattin, Pd). Dal ministero dell’Economia non trapelano reazioni. Ma la linea resta quella ribadita dal ministro Tria nelle scorse settimane, secondo cui la frenata è congiunturale per cui non tocca il saldo strutturale, quello al netto del ciclo economico, al centro del faticoso accordo di fine anno con Bruxelles. In queste prime settimane dell’anno il fabbisogno del settore pubblico appare in linea con le previsioni, e molto dipenderà dalla spesa effettiva per quota 100 e soprattutto per il reddito di cittadinanza, ora ai primi passi di un cammino applicativo ricco di incognite. Il fatto peò che Giorgetti abbia aperto all’ipotesi di una manovra correttiva sembra dar voce a preoccupazioni crescenti che sui conti pubblici che percorrono più di un palazzo, a Roma e in Europa. Preoccupazioni alimentate dai continui aggiornamenti al ribasso sulle performance dei saldi di finanza pubblica. La settimana scorsa al Senato l’Ufficio parlamentare di bilancio ha ipotizzato un deficit in viaggio verso il 2,3%, cioè circa sei miliardi sopra il programma. Moody’s ha invece appena previsto un indebitamento al 2,5% del Pil, e in questo caso i miliardi aggiuntivi sarebbero quasi 9. Intanto, il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, è ornato ad ammonire il nostro paese: «Aumentare il deficit invece di ridurlo ha portato all’aumento dell’instabilità e a un abbassamento della fiducia – ha detto intervenendo al Parlamento Ue nella European Parliamentary Week – per cui non sorprende che il rallentamento dell’economia italiana sia il più accentuato di tutti e che la crescita sia la più lenta».

Tav, aumenta il co-finanziamento Ue   Alla vigilia della riunione del cda di Telt, cresce il pressing francese sulla Tav. Oggi è infatti in agenda il consiglio di amministrazione della società incaricata di realizzare e progettare la Tav: sul tavolo ci sarà il via libera ai bandi da 2,3 miliardi di euro che erano stati congelati a dicembre.  il governatore del Piemonte ha fatto sapere che: «II vicepresidente della Regione Auvergne-Rhóne-Alp, Étienne Blanc, mi ha comunicato che in una riunione con la Commissione, l’Unione europea ha confermato la disponibilità a finanziare al 50% non solo il tunnel di base della Torino-Lione, ma anche le tratte nazionali di avvicinamento. In questo modo si dimezzerebbe per l’Italia il costo della tratta nazionale, da 1,7 miliardi a 850 milioni, e si abbasserebbe di un ulteriore 10% il costo del tunnel di base». I costi dimezzati rimettono così in discussione le 80 pagine di studio del professor Marco Ponti commissionato dal ministro Danilo Toninelli. Oggi a Parigi Telt dovrebbe deliberare le due gare d’appalto per la realizzazione dell’intero tratto francese del traforo, i tre quarti dell’opera, cioè 45 dei 57,5 chilometri totali. «Una ragione in più perché la società dia il via libera ai bandi e perché il governo Conte-Salvini-Di Maio metta da parte le pantomime elettorali, che mettono a rischio i finanziamenti europei, e si assuma la responsabilità politica di dare il via libera all’opera», insiste Chiamparino.

Poliica estera

Foreign fighter, “No” dell’Europa a Trump   Gli oltre 800 foreign fighter europei detenuti in Siria per ora restano dove sono. I principali governi Ue hanno infatti respinto al mittente la richiesta di Donald Trump, che li aveva spronati a riprendersi i connazionali per processarli. Assolutamente contrari il Belgio e il Regno Unito, ma anche Germania e Francia hanno chiuso la porta alle richieste di Trump. La motivazione è duplice. C’è innanzitutto una questione diplomatico-formale: le cancellerie europee non hanno affatto apprezzato la richiesta di Washington, vissuta come «un ordine», e dunque vogliono ribadire che saranno loro a decidere se e quando rimpatriare i combattenti. Poi c’è un problema tecnico-sostanziale: i sistemi giuridici europei rischiano di incepparsi di fronte a soggetti accusati di aver commesso crimini in zone di guerra in altri Paesi. Le prove – raccolte in un altro Stato – potrebbero non reggere le accuse nei tribunali europei, con il rischio di dover rilasciare in libertà nei propri Paesi personalità estremamente pericolose.

 Lite Polonia-Israele sull’Olocausto   La Polonia ha deciso di non partecipare al vertice organizzato da Benjamin Netanyahu a Gerusalemme. II premier Mateusz Morawiecki ha reagito alle frasi di Yisrael Katz, appena nominato ministro degli Esteri, che in televisione è intervenuto sulla questione delle corresponsabilità polacche nello sterminio degli ebrei locali durante la Seconda guerra mondiale:  i polacchi «succhiano antisemitismo con il latte materno». Per il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki la battuta era «razzista e inaccettabile» e non poteva essere lasciata «senza risposta». Con l’assenza polacca è di fatto saltato il vertice di ieri del gruppo di Visegrad, voluto da Netanyahu per rafforzare le relazioni con i Paesi europei guidati dalla destra ultranazionalista.