Economia e Finanza
Conte e Tria. Giuseppe Conte accelera sul decreto per i rimborsi alle vittime dei crack bancari. Preoccupato per i continui scontri nella maggioranza il presidente del Consiglio, dopo aver chiuso a Firenze, nello splendido Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio il Festival dell’economia civile, rispondendo alle domande dei giornalisti ha sottolineato: «il mio motto è “sobri nelle parole, generosi nelle azioni”. Lo dico a tutti i ministri, le polemiche lasciano il tempo che trovano». Meglio fare, dunque. «Domani (oggi per chi legge, ndr.) incontrerò il ministro dell’Economia, Giovanni Tria, per mettere a punto il decreto per i truffati delle banche, che va varato al più presto». Allo stesso tempo, sempre nel tentativo di gettare acqua sul fuoco, Conte ha respinto la tesi che la commissione parlamentare d’inchiesta sulle banche, appena varata con una legge voluta dai 5 Stelle, possa rappresentare un attacco al sistema creditizio. «Non mi pare proprio — ha tagliato corto —. Manteniamoci tutti lucidi…». Ben più preoccupato, invece, è apparso Tria, intervenuto anche lui al Festival rispondendo alle domande del direttore del Corriere della Sera, Luciano Fontana. «Attaccare il sistema bancario — ha detto il ministro — mettere in dubbio non solo la sua solidità ma anche la sua capacità, la sua resilienza, ponendo sospetti su di esso, significa avallare campagne europee che ci stanno danneggiando e minare l’interesse nazionale». Il ministro dell’Economia Giovanni Tria, dal palco del Festival dell’Economia civile di Firenze, mette in chiaro alcune scomode verità e torna inevitabilmente in rotta di collisione con la sua maggioranza.
Pensioni. I «pionieri» sono soprattutto uomini e in maggior frequenza lavoratori delle regioni del Nord, ma più di uno su tre (dato imprevisto) è del Sud. Il primo profilo sulle nuove pensioni che entrano in pagamento con il 1° aprile riguarda 26.831 beneficiari. Per questi neo-pensionati, nel 45% dei casi gli importi oscillano tra i mille e 1.500 euro lordi, mentre il 34% si colloca nella fascia tra i 1.500 e i 3mila euro. Altri due blocchi potrebbero essere liquidati nelle prossime settimane: tra aprile e maggio si potrebbe così arrivare a 50mila uscite. Tutti costoro dovranno ora fare i conti con il divieto di cumulo dei redditi fino alla maturazione dei requisiti per la vecchiaia. Tocca fare in fretta. Anche chiudendo un occhio sulle pratiche. Si vedrà poi. Ciò che conta è dare priorità a quota 100. I primi 25 mila — su 104.390 domande arrivate sin qui — andranno in pensione oggi. Con i requisiti scontati da Cinque Stelle e Lega: almeno 62 anni e 38 di contributi. Tutti gli altri in coda. Se ne sono accorti i cittadini che chiedono gli assegni di vecchiaia, anzianità o reversibilità, finiti in un imbuto.
Politica Interna
Tensioni nel governo. «Per andare avanti serve un cambio di passo, non si tratta solo di un chiarimento». Lo stato di crisi endemica in cui ormai vive la maggioranza gialloverde e il governo guidato da Giuseppe Conte è ben descritto in questa frase che Matteo Salvini ripete da giorni e che nella sostanza ha ribadito ieri nell’incontro con il presidente del Consiglio. Lo stato dei rapporti tra i due soci grillo-leghisti è ai minimi termini. Il colloquio tra premier e vicepremier è stato solo un palliativo. Il segretario leghista ne è consapevole. Il suo peso è cresciuto dal 4 marzo 2018 e ora vuole farlo valere. Vuole essere lui a decidere. Per questo, al di là della propaganda, le porte di una crisi di governo hanno iniziato a materializzarsi. E le chiavi sono nelle mani del ministro dell’Interno. Che vede nelle prossime elezioni europee non solo un test, ma in primo luogo uno spartiacque. Le liti dei giorni scorsi e la pace apparente di ieri sono del resto due facce della stessa medaglia. «Conte non è più l’avvocato degli italiani, semmai è l’avvocato dei 5 stelle in difficoltà. Se non recupera un minimo di equilibrio è difficile andare avanti», ragiona una qualificata leghista. Tra i parlamentari, e soprattutto nella squadra di governo del Carroccio, l’«insofferenza» verso il premier ha superato il livello di guardia.
Elezioni europee. Le elezioni europee vengono presentate come una battaglia nel cuore dell’Europa. Viktor Orban, Matteo Salvini e Steve Bannon credono che si tratterà di un referendum sull’immigrazione. Pensano che la crisi migratoria abbia sconvolto la politica del continente, costringendo i partiti tradizionali a un atteggiamento difensivo, colpendo nel profondo l’insicurezza europea verso la propria identità. I risultati del sondaggio dell’European Council on Foreign Relations, mostrano che i problemi politici del 2019 sono completamente diversi da quelli del 2015. Questa volta la campagna per la «fortezza Europa» non sarà una strategia vincente per tre motivi. In primo luogo, il sondaggio mostra che l’Ungheria è l’unico Paese in cui l’immigrazione è ancora vista come la minaccia numero uno per l’Ue. Negli altri Paesi analizzati, abbiamo trovato almeno altri 5 temi altrettanto, se non più importanti, per la popolazione. Le elezioni europee saranno anche fondamentali per gli equilibri interni del governo italiano.
Politica Estera
Slovacchia. Di questi tempi, per chi può votare un elettorato anti sistema, che vuole il cambiamento e odia la corruzione? Per la candidata europeista. Non stupitevi, perché è proprio questa la lezione appena uscita dalle urne presidenziali della Slovacchia. Certo, la Slovacchia è un Paese piccolo e l’affluenza è stata bassa. E anche vero che l’emozione e la rabbia per l’uccisione del giornalista anti crimine Jan Kuciak e la sua fidanzata, lo scorso anno, sono ancora vivissime. Ma questo non basta a spiegare il segnale in controtendenza che giunge da Bratislava e dintorni. Un segnale che la vincitrice Zuzana Caputova, avvocata divorziata con due figli e nessuna esperienza politica precedente, ha perfettamente sintetizzato. Il mio successo dimostra, ha detto, che è possibile non cedere al populismo, e che si può essere europeisti e insieme contrari a tutti gli stereotipi.Parole da ricordare non soltanto perché la Slovacchia è un membro di quel Gruppo di Visegrád che tanti grattacapi procura a Bruxelles e a noi italiani, ma anche perché la svolta slovacca giunge a meno di due mesi dalle elezioni europee. L’elezione era ampiamente prevista ma è ugualmente una sensazione: per la prima volta, con Zuzana Caputova, sarà una donna a salire in Slovacchia alla presidenza della Repubblica. La 45enne candidata del nuovo partito Slovacchia Progressista (Ps) era in netto vantaggio sul concorrente del partito di governo Smer, il commissario europeo Marco Sefcovic (52) e al ballottaggio si è imposta col 58% contro il 42%.
Turchia. Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, vince di nuovo, ma questa volta a causa dell’economia del Paese, zoppicante da diversi mesi, la sua affermazione è stata più difficoltosa del previsto e soprattutto meno plebiscitaria. La coalizione formata dal suo partito, l’Akp e dal partito nazionalista, il Mhp, è riuscita a tenere il controllo di Istanbul, tallonata dall’opposizione, che si sarebbe fermata a 0,2 punti dallo strappare al capo di Stato la città più importante della Turchia. L’Akp rimane saldamente la prima formazione politica del Paese, con il 45% dei voti, quasi tre in più rispetto alle politiche dello scorso anno. Il dato sicuramente più significativo di questo voto amministrativo è il fatto che il Chp, il Partito repubblicano, maggiore voce dell’opposizione e di orientamento laico, è riuscito a conquistare la capitale Ankara. Una sconfitta inattesa, un colpo di gong che suona molto chiaro per il Sultano.