Economia e Finanza
La lettera di Tria. Attesa per oggi la risposta del ministro dell’Economia Tria alla richiesta di chiarimenti sui conti italiani arrivata mercoledì da Bruxelles. Il punto chiave dell’argomentazione del ministro sarà che il deficit 2019 si potrà fermare sotto il 2,4% indicato nel Def perché le spese saranno minori del previsto, mentre anche le entrate stanno mostrando una dinamica più vivace. Tria indicherà la gelata della congiuntura internazionale in cima all’elenco dei «fattori rilevanti» a giustificazione di un debito 2018 fuori linea rispetto agli obiettivi concordati con Bruxelles. E sosterrà che una cura dei conti troppo rigida metterebbe a rischio i segnali di ripresa che sembrano affacciarsi. L’Italia chiederà che questa “valutazione macroeconomica” guidi anche il giudizio sul debito, cuore vero delle obiezioni Ue. Dal momento che in una fase di Pil poco mosso “l’Italia non può attuare una riduzione accelerata del debito, perché non darebbe fiducia agli investitori che devono vedere prospettive di cresdta”, sostiene Tria. Tutto ciò mentre sul fronte leghista riemerge la voglia di condono tombale. La proposta sarebbe stata messa sul tavolo da Salvini durante il vertice con Tria di ieri e prevederebbe la riedizione della cosiddetta “dichiarazione integrativa” che consente di cancellare i debiti con il fisco pagando il 20 per cento dell’imponibile emerso.
Codice appalti e imprese. Salvini riapre la partita sul decreto sblocca cantieri, proponendo la sospensione per due anni del codice appalti. L’uscita di Salvini, seguita dalla presentazione di un emendamento a firma della denatrice Pergreffi, fa del decreto il principale teatro del nuovo scontro tra Lega e M5S. Obiettivo della proposta di Salvini è ridimensionare l’appicazione del codice, congelando le norme che impongono ai comuni non capoluogo di avvalersi di centrali di committenza, che vietano il ricorso all’affidamento congiunto della progettazione e dell’esecuzione dei lavori, e l’obbligo di scegliere i commissari per le gare in un albo dell’Anac. Intanto, sempre sul fronte imprese, il governo su spinta leghista punta ad ottenere altri cinque miliardi di euro dalla riapertura della “rottamazione” dei vecchi debiti fiscali. La terza versione della rottamazione, che consentiva il pagamento delle imposte e dei contributi oggetto di cartelle esattoriali emesse tra il 2000 ed il 2017, ha già avuto l’adesione di 1,7 milioni di contribuenti, per un importo complessivo di 16 miliardi di euro, che entreranno nell’arco dei prossimi cinque anni. A questi si potrebbero aggiungere altri 5 miliardi con la riapertura dei termini della rottamazione, già prevista da un emendamento al decreto crescita, fino al prossimo 31 luglio.
Politica interna
Caso Rixi. II sottosegretario Edoardo Rixi è stato condannato in primo grado a 3 anni e 5 mesi per le «spese pazze» del gruppo della Lega alla Regione Liguria. Rixi, in caso di condanna definitiva, finirebbe in carcere in forza della legge «spazzacorrotti», voluta dai grillini e votata dalla Lega. Il sottosegretario alle Infrastrutture, come concordato due giorni fa nell’incontro tra il premier Conte e Matteo Salvini, ha rimesso il mandato, anticipando la sua decisione con una telefonata al premier. Il leader leghista ha anticipato tutti, “accettando le dimissioni per tutelare l’attività di governo da attacchi e polemiche senza senso”. Ma ha subito rilanciato nella partita con l’alleato di governo, spingendo sulla flat tax e sul codice appalti, quasi a monopolizzare la scena politica. “Lascio quasi volentieri. Continuare a lavorare accanto a Toninelli era praticamente impossibile”, commenta intanto lo stesso Rixi; “Ha tolto le deleghe a Siri in due ore senza neppure una telefonata e senza che Armando avesse ricevuto neppure un avviso di garanzia. E queste cose hanno pesantemente incrinato il rapporto di fiducia: non si può provare a risalire la china infangando gli alleati, sacrificando rapporti umani e progetti costruiti insieme. Eppoi, da qualche tempo il ministro grillino ha proceduto a nomine, come il presidente dello Stretto, in settori che riguardavano le mie deleghe senza neppure consultarmi. E ha finito per occupare militarmente tutti i posti all’interno del dicastero, spesso senza alcuna attenzione al merito. E questo non è giusto, né corretto”.
Di Maio. Gli iscritti alla piattaforma Rousseau confermano Luigi Di Maio capo politico del M5S con una maggioranza pari all’80% su un totale di 56.127 voti, poco più dei militanti che salvarono Salvini sulla Diciotti (52.417). Esito scontato, che arriva dopo un’assemblea gonfia di malumori, che però alla fine ha sancito il via libera implicito della maggioranza dei parlamentari a Di Maio, che resta quindi al vertice del Movimento. A mettere in discussione Di Maio, praticamente nessuno, eccetto Elena Fattori, Emilio Carelli (“Non si può far finta di niente se qualche ministro o sottosegretario del governo non funziona. Valutiamo bene e decidiamo come intervenire. Ricordate che anche Renzi fece finta di niente e sappiamo com’è finita”) e soprattutto Roberto Fico, che dice: “Sono sempre stato contrario alla politica che si identifica in una sola persona. Se il focus resta sulla fiducia da accordare o meno a una figura, e non sui tanti cambiamenti che invece, insieme, occorre porre in essere, non ci potrà essere alcuna evoluzione. Significa non cambiare niente”, dice. E ancora: “Occorre domandarsi se diventare, anche nelle forme standard, un partito a tutti gli effetti, con le dinamiche e i limiti che abbiamo sempre ritenuto di dover superare; oppure restare ancorati a una bellissima idea di movimento”.
Politca estera
Israele. A cinque mesi dalle ultime elezioni, Israele torna al voto, per sbloccare uno stallo politico senza precedenti. Il prossimo 17 settembre quindi gli israeliani torneranno alle urne, dopo che il premier Bibi Netanyahu, che sembrava il vincitore dal voto del 9 aprile scorso, non è riuscito a formare un governo nei termini massimi stabiliti dalla legge e non ha voluto consentire che altri ci provassero. La situazione probabilmente ritarderà la messa in moto del piano di pace in via di promozione da parte di Washington, ma già respinto dai palestinesi. Lo stallo politico in Israele vede tra i protagonisti la figura di Avidgdor Liberman, al fianco di Benjamin Netanyahu da 31 anni, ma ora fondatore del partito Israel Beitenu, una forza elettorale che ancora vale oltre un milione di voti; secondo gli analisti Liberman sarebbe convinto della futura, non lontana, fine politica di Netanyahu e si starebbe preparando a guidare la destra.
USA. Parte l’attacco fontare del presidente Trump nel confronti del procuratore Robert Mueller, volto dell’indagine sul Russiagate che rischia di portare il numero uno della Casa Bianca all’impeachment: “E’ una persona in conflitto di interessi, un vero ultrà anti-trumpiano. Guardate non avrebbero dovuto sceglierlo perché, come sapete, voleva il posto di capo dell’Fbi, ma io gli ho risposto di no. Ecco come stanno le cose: abbiamo avuto una discussione spiacevole e il giorno dopo lo hanno nominato (lo ha fatto il vice ministro della Giustizia Rod Rosenstein, ndr) Super Procuratore con l’incarico di indagarmi. Non può funzionare così…. Eppure malgrado questo, malgrado le spese per 40 milioni, la squadra di investigatori composta da 18 persone che odiano Trump, compresi quelli che lavoravano per Hillary Clinton e alcuni tra peggiori esseri umani della terra, ebbene, nonostante tutto ciò, non hanno trovato nulla”, dice Trump in conferenza stampa. Mueller ha deferito al Congresso la decisione se incriminare o meno il presidente sulla base del rapporto Russiagate. La Camera, dove sono in vantaggio di seggi, può muoversi verso l’equivalente d’una incriminazione, che richiede la maggioranza semplice. Il processo spetterebbe però al Senato, dove dominano i repubblicani e per condanna e rimozione servono due terzi dei voti; con i democratici dovrebbero cioè schierarsi fino a venti avversari, scenario piuttosto inverosimile.