Economia e finanza
Cina, la Ue accelera sul golden power. Il presidente cinese Xi Jinping arriva in Europa (prima in Italia e poi in Francia) e l’Ue corre ai ripari. Decide di proteggere il suo mercato interno avviando modifiche senza precedenti alla sua tradizionale politica di concorrenza, alle regole sull’antitrust e sugli appalti. Se la cena di ieri sera tra i Capi di Stato e di Governo è stato solo un “antipasto” per definire i rapporti economici tra il vecchio continente e il gigante asiatico in vista del periodico vertice tra Ue e Cina che si terrà il 9 di aprile è dalle conclusioni del Consiglio che verranno approvate oggi che ci si aspettano le più importanti novità. Con Pechino definita «concorrente economico» e «rivale sistemico», si pensa ad uno scudo protettivo — una sorta di golden power Ue — che nel nome della reciprocità escluda i cinesi, e le loro aziende finanziate dallo Stato, dall’accesso agli appalti pubblici europei fino a quando la Repubblica popolare non aprirà i suoi mercati alle nostre aziende. Il tutto, auspica l’Europa, restando uniti, in modo da non disperdere le forze nel confronto con il colosso asiatico. Come dimostra la scelta di Macron, in vista del vertice Ue-Cina del 9 aprile, di ricevere Xi Jinping all’Eliseo insieme a Merkel e Juncker. E senza il premier Conte.
Mercato del lavoro. Nei primi due mesi dell’anno è tornata a crescere la cassa integrazione straordinaria, +24,32% nel confronto tendenziale, addirittura, +64,30% nell’industria, che ha interessato soprattutto sei regioni Piemonte, Liguria, Lazio, Molise, Puglia, Sardegna (per il riacuirsi o l’ingresso di nuove aziende in situazioni di crisi – il governo ha dato la possibilità, a tutti, di allungare di 1 anno le Cigs in scadenza). A gennaio, sono schizzate in alto anche le domande di disoccupazione: è stata ancora una volta superata quota 200mila unità, segnando una crescita a doppia cifra, +13,4%, rispetto alle 177.505 istanze presentate all’Inps a gennaio 2018. Salgono i contratti a tempo indeterminato, in particolare le trasformazioni di precedenti rapporti di lavoro a termine. Segnali che sono il frutto del rallentamento dell’economia, e del decreto legge Dignità, andato a regime lo scorso novembre, che ha incrementato i vincoli e gli oneri sui contratti a termine. I quali, non a caso sono scesi, ma non sempre perché trasformati in assunzioni a tempo indeterminato, bensì semplicemente perché non rinnovati, precipitando gli interessati nella disoccupazione. I dati sono dell’Inps, contenuti nell’Osservatorio sul precariato (aggiornato a gennaio) e nel Report su cassa integrazione e disoccupazione (aggiornato a febbraio).
Politica interna
Il “piccolo eroe” Rami. Dopo la strage sfiorata dello scuolabus a San Donato Milanese, parte la gara per dare la cittadinanza italiana per meriti speciali a Rami. Il “piccolo eroe” tredicenne, nato in Italia e di origine egiziana, per primo ha lanciato l’allarme telefonando di nascosto con il cellulare ai carabinieri e contribuito a salvare la vita ai compagni di scuola. Ma cresce anche l’idea di togliere la cittadinanza a Ousseynou Sy, all’autista italiano, nato in Senegal, che oggi viene interrogato ed è accusato di strage. Il vicepremier Luigi Di Maio promette di parlarne con il premier Giuseppe Conte e spiega che «Rami ha messo a rischio la vita per salvare quella dei compagni, la cittadinanza per meriti speciali si può conferire quando ricorre un eccezionale interesse dello Stato». Però aggiunge: «Credo sia un dovere togliere immediatamente la cittadinanza a quel criminale che stava per compiere una strage». Secondo l’ex ministro Pd, Livia Turco, invece «sono fatti che creano angoscia e allarme, ma che vanno compresi, nel senso di comprenderne la ragione». Incredulo il ministro dell’Interno Salvini: «Questi del Pd anche di fronte a una tentata strage di cinquanta bambini non riescono mai a dire una cosa giusta». Di Maio crede che anche l’Italia debba iniziare a dotarsi di una National Security Strategy sul modello Usa. <Ci sta lavorando il ministro Trenta, dietro la guida di Palazzo Chigi>
Toninelli passa il test, ma pesano le assenze. “Respinte le due mozioni di sfiducia Maggioranza in difficoltà sui numeri”. Il caso è beffardo e fa in modo che il nome estratto dalla presidente Casellati per avviare la «chiamata», che salverà Danilo Toninelli dalla sfiducia, sia quello del leghista Armando Siri: quel sottosegretario che in un’intervista «non sapeva che lei fosse suo ministro», sfotte il piddì Andrea Marcucci. Ma questo è il prezzo delle alleanze e Siri si avvia disciplinato al banco della presidenza a pronunciare per primo il suo «no». Fa niente la divergenza di vedute su Tav e opere varie. «Ma ridiscutere la Tav è un dovere assunto dal governo fin dalla sua nascita e io sono coerente», si difende in aula Toninelli. Il no all’autorizzazione a procedere per il ministro dell’Interno è stato ottenuto grazie al supporto di Forza Italia e Fratelli d’Italia; mentre le due mozioni di sfiducia del Pd e di FI contro il ministro delle Infrastrutture sono state respinte rispettivamente con 159 e 157 voti. Durante il dibattito ci sono state tensioni e polemiche. Giro (FI) incalza: «Toninelli abbandonato dalla Lega: chi era fuori, chi al bagno, chi al ministero, chi in giro al sole romano…». Per Salvini quelle assenze «non hanno alcun valore politico. Guardo ai fatti. L’importante è che la maggioranza ci sia quando ci deve essere».
Politica estera
Brexit. Dai leader Ue due opzioni per il rinvio. Per la prima volta, l’unità dei Ventisette sulla Brexit appariva messa in dubbio ieri sera durante un atteso vertice europeo. Al centro della diatriba tra i capi di Stato e di governo era la richiesta della Gran Bretagna di ottenere un rinvio dell’uscita del Paese dall’Unione, oggi fissata per il 29 marzo. A tarda sera a Bruxelles, i leader erano ancora riuniti alla ricerca di un drammatico compromesso sulla data del rinvio e sulle eventuali condizioni da imporre a Londra. Certamente non il 30 giugno chiesto dai britannici, ma i 27 capi di Stato e di governo vogliono fare il possibile per evitare l’uscita senza accordo. Per questo hanno messo sul tavolo due date: il 22 maggio e il 12 aprile. La prima opzione scatterebbe nel caso in cui Theresa May riuscisse, la prossima settimana, a far approvare l’accordo negoziato con l’Ue a Westminster. In caso contrario verrebbe attivata una mini-proroga di sole due settimane: entro quella data i britannici dovranno decidere se uscire dall’Ue senza accordo oppure se chiedere un’estensione lunga. E, di conseguenza, partecipare alle Europee. La data del 12 aprile è infatti legata alla tempistica necessaria per poter avviare tutte le procedure elettorali nel Regno Unito.
Trump dona il Golan a Netanyahu. Mancano 19 giorni al voto per la Knesset, il parlamento israeliano, e a sorpresa un tweet di Donald Trump entra come un treno nella campagna elettorale. Dopo giorni di consultazioni riservate fra l’amministrazione americana e il governo di Benjamin Netanyahu, Trump ha annunciato che gli Usa intendono riconoscere la sovranità israeliana sul Golan siriano occupato da Israele. «Dopo 52 anni, è il momento per gli Stati Uniti di riconoscere in pieno la sovranità di Israele sulle Alture del Golan», ha scritto il presidente, imponendo una ennesima svolta pro-Netanyahu alla politica della sua amministrazione. Per Netanyahu, che ha subito chiamato Trump al telefono, è una decisione «coraggiosa» che «cambia la storia». È il caso di dirlo. Per la prima volta lo Stato ebraico vede riconosciuta una sua annessione unilaterale. Netanyahu coglie una vittoria strategica in grado di proiettarlo verso un quarto mandato dopo le elezioni del 9 aprile, nella veste di «miglior difensore della sicurezza», in grado di riuscire dove i precedenti leader hanno fallito, perché il riconoscimento arriva «mentre l’Iran utilizza la Siria come piattaforma per distruggere Israele».