Via libera ai bandi Tav. Il Sole 24 Ore: il cda di Telt ha dato via libera all’unanimità alla procedura per realizzare il tunnel di base della Tav Torino-Lione, che prevede lavori per 2,3 miliardi: sì alla pubblicazione degli “avis de marchés”, gli inviti a presentare candidatura per gli interventi dei lotti francesi, pur con una “clausola di dissolvenza”. Parigi: ribadiamo la disponibilità per una discussione tra partner. Bruxelles avverte: la pubblicazione degli avvisi «è un primo passo necessario, altri ne serviranno» per scongiurare il rischio di perdere i fondi Ue. Boccia (Confindustria): «Prevalga il buon senso e l’opera si faccia il prima possibile». Sempre Il Sole 24 Ore: il decreto legge sblocca-cantieri punta deciso verso il prossimo Consiglio dei ministri. Si cominciano a mettere a punto pezzi del provvedimento. In queste ore l’attenzione si sta concentrando soprattutto sul tema dei supercommissari che dovrebbero garantire lo sblocco di opere ferme con un taglio dei tempi. Nel decreto non mancherà una prima messa a punto della riforma del codice appalti. Salvini: 300 opere da sbloccare subito. Il Corriere della Sera: basterebbe concentrarsi su poche voci dall’alto peso specifico, come i 25 cantieri delle grandi opere con un valore superiore ai 100 milioni di euro. Una lista di progetti attualmente fermi segnalati al governo dai costruttori, che messi insieme arrivano a un importo complessivo di 24,6 miliardi di euro, ovvero poco meno di quanto valeva tutta l’ultima legge di Bilancio. E non basta. Perché considerando anche l’indotto, il valore delle grandi opere ferme arriva a 86 miliardi. Armando Siri, il sottosegretario ai Trasporti, nonché uno dei consiglieri più ascoltati da Matteo Salvini, in un’intervista rilasciata al Corriere: «Noi avevamo un obiettivo prioritario: salvaguardare il finanziamento europeo. E l’obiettivo è stato raggiunto». Il «lodo» pensato da Siri: avviare la procedura per la realizzazione della Tav esplicitando le «clausole di dissolvenza» nei confronti delle imprese interessate ai lavori. E ridiscutendo nel frattempo il progetto con la Francia e l’Unione europea. «Ora possiamo avviare una tavolo con Francia e Unione che sulla Tav porti inequivocabilmente a un maggior peso dei benefici rispetto ai costi». Lei chiede un commissario all’emergenza infrastrutturale. Non è come chiedere di commissariare il ministro Toninelli?, è la domanda. «Ma no. Il ministro può agire con la struttura che si riferisce a lui, il commissario avrebbe a disposizione tutti gli altri ministeri e le diramazioni della Pa e degli enti locali». Una cosa del genere non è possibile soltanto per le emergenze? Siri: «Il fatto che siamo impantanati da anni nella melma delle attuali procedure io credo sia un’emergenza». L’ingegnere Hubert du Mesnil, il presidente di Telt: «Oggi abbiamo lanciato la prima fase del progetto, l’appello alle candidature, che riguarda le tre sezioni francesi del tunnel di base. Per la quarta sezione, quella italiana, si partirà tra due o tre mesi». Conferma oggi al Corriere.
Italia-Cina, richiamo della Ue
. Dal Corriere della Sera: scambiamo un miliardo di euro al giorno di beni e servizi, la Ue è il primo partner commerciale, eppure la crescita del potere cinese, la pervasività della sua penetrazione in alcune economie, comprese quelle europee, il mancato rispetto di norme base del diritto internazionale, «mette a rischio» non solo il mercato unico della Ue, ma «gli stessi valori, economici e sociali, dell’Unione», almeno se questa non sarà in grado di farsi rispettare maggiormente da Pechino. E’ un grido di allarme la Comunicazione che oggi la Commissione consegna al Consiglio europeo (che ne discuterà la settimana prossima) e al Parlamento di Strasburgo, anche in vista del vertice Europa-Cina che si terrà il 9 aprile. Un avvertimento all’Italia che aderisce al progetto «Via della Seta», anche se da Palazzo Chigi si rimarca che in occasione della visita a Roma di Xi Jinping quando l’Italia sarà il primo Paese del G7 ad aderire al progetto Via della Seta, «verrà posta la massima attenzione agli interessi strategici del Paese». A Bruxelles la pensano in modo diverso. Uno scenario da cavallo di Troia economico, si immagina, in cui le imprese europee scontano un deficit di parità di condizioni, visto che spesso quelle cinesi hanno alle spalle o lo Stato o enormi sussidi pubblici (è accaduto nell’acquisizione di Pirelli), oltre che «differenti standard aziendali e sindacali». Insomma l’Europa è chiamata a difendersi e con azioni concrete. Repubblica: il monito arriverà oggi, all’interno del nuovissimo documento strategico sui rapporti tra Unione europea e Cina. «Né la Ue né alcuno Stato membro può raggiungere i suoi obiettivi con la Cina senza una piena unità». I governi devono astenersi dal rompere il fronte Ue per non fare il gioco di Pechino, che preferisce negoziare con i singoli Paesi, più deboli, che con un blocco che rappresenta il secondo mercato del pianeta e 500 milioni di cittadini. Ma Di Maio rassicura: «L’accordo con Pechino non è un’intesa politica». Matteo Salvini dice: «A me basta che venga tutelato l’interesse nazionale soprattutto quando si parla di telecomunicazioni e dati sensibili». E così la prima immediata preoccupazione di Di Maio diventa anche quella di separare i dossier: «Il Memorandum of Understanding tra Italia e Cina non comprende alcun accordo sul 5G». «Sorprende la spaccatura della Lega. Salvini parla di colonizzazione, mentre il sottosegretario Michele Geraci (in quota Lega, ndr) sostiene fortemente l’intesa. Questa frattura interna fa male al Made in Italy e alle nostre imprese che ci chiedono uno sforzo per portare l’Italia nel mercato cinese e non subirlo». È il punto su cui insiste Giuseppe Conte. Il presidente del Consiglio, che oggi riferirà su Huawei al Copasir, vuole rassicurare Donald Trump e, assieme, placare i timori leghisti. Intanto l’Europa detta le regole: fate affari, ma ricordate che sono nostri rivali.Politica interna
Tav, crisi superata. Il Corriere: dire che sia stata raggiunta un’intesa è troppo, visto che Lega e M5S interpretano la giornata in modo diametralmente opposto. La fase più acuta della crisi sulla Tav è passata, con il consiglio di amministrazione della Telt che ieri mattina ha dato il via libera ai bandi per la Torino-Lione. Con un doppio risultato: salvaguardare i 300 milioni di fondi europei, che si rischiava di perdere, e rispettare le forze contrapposte al governo, con un via libera nel quale si esplicita la facoltà di interrompere «senza obblighi e senza oneri la procedura in ogni sua fase». Un provvedimento che è solo l’avvio di un percorso e che a un certo punto si troverà a un bivio: finire su un binario morto, come vorrebbero i 5 Stelle, oppure arrivare a tutta velocità fino a Lione, come vorrebbe la Lega. Repubblica: per Giuseppe Conte, l’unica strada percorribile è trattare con la Francia e la Commissione europea. Sulla carta, per «un’integrale ridiscussione della Tav». In pratica, per provare a ritoccare superficialmente il progetto, senza rinunciare al controverso tunnel di base che è giudicato dai francesi condizione indispensabile per proseguire nella collaborazione. Il Presidente del Consiglio, insomma, è disponibile a un accordo sulla cosiddetta “mini Tav”, considerato l’unico compromesso possibile per evitare una crisi di governo. «È il mio obiettivo», ha confidato nelle ultime ore il premier ai suoi consiglieri. A Palazzo Chigi, a dire il vero, preferiscono chiamarla «mini-mini Tav». Ma la sostanza non cambia. Ufficialmente, Luigi Di Maio resta sulle barricate. Il vicepremier grillino, in realtà, ha già ufficiosamente digerito la possibilità che la Torino-Lione parta, sia pure modificata. Ma ha bisogno di una via d’uscita onorevole. Senza un restyling sia pure minimo al progetto, la crisi è destinata a penetrare fin nel cuore del governo. E il nodo irrisolto, come ha ricordato Giancarlo Giorgetti due giorni fa, approderebbe alle Camere senza un accordo di maggioranza. «In quel caso Conte mi ha assicurato che metterà la fiducia in Parlamento – ha spiegato ieri Di Maio – Sarebbe la Lega, allora, ad assumersi la responsabilità di votare con le opposizioni e far cadere il governo».
Verso le Europee. La Stampa: La Lega ha un nuovo responsabile degli Esteri e, forse, anche dei nuovi alleati in Europa. Al Consiglio federale di ieri, Matteo Salvini ha incoronato come suo uomo a Bruxelles l’eurodeputato Marco Zanni, da sempre in contatto con il ministro della Famiglia, Lorenzo Fontana, ispiratore della svolta sovranista del partito. «La linea politica in Europa la dà Zanni e, in ultima analisi, io», questa l’investitura salviniana. Un bel salto per Zanni, eurodeputato eletto con il M5S, e poi folgorato sulla via di Salvini. La sua nomina prelude a una svolta nelle alleanze, che però non dipende solo dalla Lega. Il partito è appeso a Orban con il quale, dicono i leghisti, «Salvini ha ripetuti e cordiali contatti». Se il premier ungherese uscirà dal Ppe, è forte la tentazione di fare asse con lui, che si porta dietro anche i sovranisti polacchi e austriaci. Così passerebbero in secondo piano le vecchie alleanze, come quella un po’ logorata con madame Le Pen. Sul piano interno si vocifera invece su un cambio di nome: «Dovremo comunque affrontare la questione – ha detto Salvini ai suoi -. Questo movimento non è più locale, è nazionale». Il Messaggero: non solo il nuovo responsabile Esteri del partito, nominato ieri da Salvini e si tratta dell’europarlamentare Marco Zanni eletto con M5S, è stato strappato dalla Lega ai 5Stelle. Ma anche un luogo simbolico delle adunate grilline, il Circo Massimo, potrebbe diventare il set – Quo Vadis? A Bruxelles, per espugnarla e stravolgerla! – del mega evento che Salvini ha deciso di far organizzare a Zanni a Roma, a metà aprile. In cui arriveranno tutti i sovranisti continentali per lanciare in pompa magna la corsa alle Europee. Il Corriere della Sera sul fronte 5Stelle: «La situazione si può recuperare, vediamo che cosa succede nelle prossime settimane, se Alessandro (Di Battista, ndr) deciderà di tornare a darci una mano in campagna elettorale. Certo, la linea è decisa e la conosce anche lui, per ora nessuno può mettere in discussione né Salvini né la maggioranza con la Lega. Se decidesse di tornare a fare campagna elettorale accettando queste regole d’ingaggio, ovviamente esordirebbe dicendo che tutte le notizie sulle ruggini tra lui e Di Maio erano inventate…». In cambio della garanzia dell’anonimato, una delle figure di maggiore esperienza all’interno del Movimento Cinque Stelle riassume la situazione in cui è venuto a trovarsi Alessandro Di Battista. Che, insieme a Beppe Grillo, adesso si ritrova qualche chilometro più in là delle colonne d’Ercole fissate da Davide Casaleggio e Luigi Di Maio, freschi «fondatori» della ricostituita associazione «denominata Movimento Cinque Stelle». Il governo Conte rimane un totem, l’alleanza con Salvini anche, Tav o non Tav. Per cui, una campagna elettorale per le Europee svolta sulla traccia dei mille distinguo dalla Lega – che era il piano originario del ritorno in prima fila di Di Battista – adesso è finita in soffitta.
Politica estera
Boeing, crollo in Borsa e tanti stop. Il Corriere della Sera: trema la Boeing dopo il tragico incidente in Etiopia che ha provocato la morte di 157 passeggeri. Il peggior risultato in Borsa dai giorni dell’attentato alle Torri Gemelle. Cinque Paesi hanno deciso di tenere a terra il 737 Max. Il sospetto è che ci sia un difetto nel software che gestisce i dati relativi al sistema di protezione del cosiddetto «inviluppo di volo». Previsti tempi lunghi per il recupero delle otto vittime italiane. Repubblica: la strage dei volontari in Etiopia, Boeing sotto accusa. “Due schianti in pochi mesi, ha tardato a intervenire”. Dubbi sul software, Stati e compagnie bloccano l’aereo. Il gigante Usa crolla in Borsa: “Come dopo l’11 settembre”. Il reportage: “Il luogo del dolore è una distesa di terra nera coperta di sterpi ingialliti. L’odore del carburante la annuncia alle poche auto che si arrampicano sulla carrareccia di sassi fino a sotto le colline di eucalipti. Due ruspe lavorano nel centro dell’area protetta, dove il Boeing 737 Max 8 della Ethiopian Airlines si è infilato nel suolo”.
Brexit. Il Sole 24 Ore: oggi il Parlamento di Westminster voterà, ma non si sa su cosa. Il Governo ha confermato ieri che i deputati avranno la possibilità di esprimersi sull’accordo con l’Unione Europea come previsto e che sarà un «voto significativo», cioè vincolante. Quello che manca sono i dettagli dell’accordo. La premier Theresa May è volata a Strasburgo ieri sera a sorpresa per trattative dell’ultimissima ora con il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker, nella speranza di ottenere modifiche o aggiunte al testo originale sufficienti a convincere abbastanza deputati Tory a votare a favore. Se ci sarà un testo rivisto, verrà presentato al Parlamento solo poche ore prima del voto, appena la May potrà confermare che l’incontro con Juncker ha prodotto risultati. La pur flebile speranza di risolvere l’impasse ha comunque risollevato la sterlina, che era crollata per il timore di un “no deal”. Se l’accordo rivisto e corretto verrà approvato, la Gran Bretagna uscirà dalla Ue il 29 marzo come stabilito.