Politica interna

Gentiloni rassicura: avremo un governo stabile. Il tema del giorno è il fortissimo rischio che dal 5 marzo, in assenza di una maggioranza, il Paese precipiti nella palude. I sondaggisti vedono nero e Paolo Gentiloni tranquillizza l’Europa, che guarda alle elezioni italiane con preoccupazione crescente. «L’Italia avrà un governo stabile», è la formula con cui il presidente del Consiglio rassicura Angela Merkel durante la conferenza stampa congiunta che ha chiuso l’incontro di ieri a Berlino: «Non c’è nessun rischio che l’Italia abbia un governo su posizioni populiste e antieuropeiste». Unanimi i commenti politici, oggi, nel giudicare assai probabile una soluzione di governo di larghe intese o di unità nazionale dopo il voto. Antonio Polito scrive sul Corriere della Sera che il nostro sistema poltico e istituzionale, “dispone dell’attrezzatura adatta a un ammaraggio di emergenza”, vale a dire la formazione di un governo “non scelto dagli elettori nelle urne ma costruito in Parlamento”. Per Massimiliano Panarari, sulla Stampa, la prospettiva delle ‘larghe intese’ è la necessaria conseguenza della crisi della rappresentanza, dello evaporamento dei partiti di massa e di un astensionismo galoppante; nonché di “un sistema politico che non si è mai davvero sedimentato e riconfigurato all’indomani della «crisi di regime» post-Tangentopoli, e che non ha mai visto la nascita di un mercato politico definito una volta per tutte, né di nuove offerte partitiche stabili”. Anche Alessandro Sallusti,sul Giornale, invita gli elettori del centrodestra a giudicare con realismo la soluzione di un governo di larghe intese dopo il voto, perchè occorre “impedire che vadano al governo Di Maio, Grasso e la Boldrini […] in caso di emergenza, dobbiamo essere pronti ad accettare qualsiasi soluzione che fermi i grillo-comunisti sul bagnasciuga. Del resto, come noto, per sconfiggere Hitler, l’America accettò di allearsi all’odiato nemico Stalin”.

L’ultimo sondaggio: possibile la vittoria del Centrodestra.  Se alle elezioni del 5 marzo conquisterà effettivamente tutti i collegi uninominali in cui al momento appare in vantaggio, il centrodestra avrebbe già la maggioranza al Senato, con 162 seggi, e la sfiorerebbe alla Camera, dove prenderebbe 312 seggi. Gliene basterebbero solo quattro in più per tagliare il traguardo dei 316. Ma a quel punto trovare un piccolo drappello di “responsabili” non sarebbe certo impossibile. È il quadro che emerge dalla nuova simulazione elaborata da Salvatore Vassallo, ordinario di Scienza Politica all’università di Bologna, in base alle ultime stime sulle intenzioni di voto. Il Pd è ancora in calo, con due alleati sotto 1’l%, e perde oltre dieci seggi sia alla Camera che al Senato. I 5Stelle aumentano il loro bottino di oltre dieci deputati, arrivando a quota 140 a Montecitorio e 60 al Senato.

Economia e finanza

L’Assise di Confindustria a Verona.  Confindustria lancia un piano da 250 miliardi in cinque anni per il Paese: lo ha indicato il presidente Boccia alle Assise di Verona, davanti a 7mila imprenditori. Tra gli obiettivi oltre 1,8 milioni di occupati in più, una riduzione di 21 punti del debito/Pil, una crescita cumulata del PII vicina al 12%: «Apriremo un confronto con il nuovo governo su questa piattaforma». «Non smontiamo le cose buone fatte» è il primo messaggio che il leader di Confindustria lancia alla politica, rivolgendosi a tutti i partiti: «La mission è il lavoro, crescita e riduzione del debito sono le precondizioni».. Di fronte alla platea di imprenditori orientati a votare in grande maggioranza per il centrodestra – annota Dario Di Vico sul Corriere della Sera – Boccia ha detto che l’Europa resta la stella polare per l’industrialismo italiano («il miglior luogo per fare impresa») e che persino la legge Fomero sulla previdenza non si deve assolutamente smontare. Inoltre non citando nella sua relazione né la flat tax né il tema immigrazione, argomenti molto cari alla Lega, ha fatto capire di non considerarle entrambe tra le priorità da inserire nell’agenda confindustriale. Ne consegue assai facilmente che il presidente degli imprenditori confida non tanto nel successo dell’uno o dell’altro partito quanto nella tenuta di un quadro politico responsabile e che riesca a muoversi in sostanziale continuità con le scelte di fondo dei governi «delle riforme» Renzi e Gentiloni.

Politica estera

Russiagate, incriminati tredici russi.  II Super procuratore Robert Mueller accusa tre società e 13 cittadini russi di «cospirazione» per aver seminato divisioni e caos nella politica americana. E il «Project Lakhta» avviato nel 2014 e culminato nelle elezioni presidenziali del 2016. Obiettivo: appoggiare la candidatura degli outsider, Donald Trump innanzitutto, ma anche il senatore democratico Bernie Sanders, attaccando principalmente Hillary Clinton e i senatori repubblicani Ted Cruz e Marco Rubio. I russi hanno avuto contatti anche con «rappresentanti» del comitato elettorale di Trump che erano, però,(e questo è l’aggettivo chiave in questa fase) «unwitting», inconsapevoli dell’identità dei loro interlocutori. Le interferenze russe non si sono spinte al punto da «alterare» il risultato dell’8 novembre 2016. Trump, quindi, non ha vinto perché gli hacker di Mosca hanno truccato le schede. Concetti ripetuti poi in una breve conferenza stampa dal vice ministro della Giustizia, Rod Rosenstein, che ha precisato: l’inchiesta sul Russiagate va avanti

Turchia, ergastolo per sei giornalisti.  Sei intellettuali turchi condannati all’ergastolo. Sono stati accusati di complicità nel tentato golpe che voleva rovesciare il presidente Erdogan. Tra loro anche lo scrittore Ahmet Altan. Durante un programma tv avrebbe mandato messaggi in codice ai gulenisti, i nemici del presidente. Unanime la condanna internazionale. «Sei ergastoli per giornalisti responsabili di aver soltanto raccontato il fallito golpe allontanano la Turchia dall’Europa» ha scritto su Twitter il presidente dell’Europarlamento, Antonio Tajani, chiedendo l’immediata scarcerazione dei tanti reporter in carcere. In un comunicato congiunto David Kaye and Harlem Desir dell’ufficio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite hanno parlato di sentenza «inaccettabile» e di un «attacco senza precedenti alla stampa»..