Politica interna         

Referendum: A differenza del Financial Times e del Wall Street Journal che parteggiano per il Sì, un lungo editoriale dell’Economist si è espresso per il No al referendum del 4 dicembre. Tesi del settimanale britannico è che gli italiani dovrebbero bocciare il quesito perché “non è quella costituzionale la riforma di cui l’Italia ha bisogno”. Secondo l’Economist le “riforme vere sono quelle strutturali, dalla giustizia all’istruzione” e le eventuali dimissioni di Renzi in seguito alla vittoria del No “potrebbero non essere la catastrofe che tanti in Europa temono. L’Italia potrebbe mettere insieme un governo tecnico, come ha fatto tante volte in passato”. La posizione del settimanale inglese pare tuttavia abbastanza isolata nel panorama della finanza e dell’imprenditoria. Su questo terreno si registra invece un rafforzamento dell’asse Renzi-Marchionne. Intervenendo all’assemblea di “Automotive e Industria 4.0”, il premier ha sottolineato che oggi Cassino è una delle capitali dell’auto giusto perché qualche anno fa non hanno prevalso “i profeti del no a tutto”. L’ad di Fca, Sergio Marchionne, ha ricambiato le cortesie affermando di “sperare fortemente in un voto positivo al referendum. La riforma non è perfetta, ma qualcosa va fatto. Poi si può sempre migliorare”. Anche la Bce si espressa sui rischi del referendum italiano. Il vicepresidente Vitor Costancio ha confermato che la Banca centrale europea “è pronta a reagire ad ogni shock economico che potrebbe derivare dall’esito del referendum in Italia”, fronteggiando le conseguenze del “tipo di incertezza politica che potrebbe provocare o meno uno shock sui mercati finanziari”.

De Luca: “Le dichiarazioni di De Luca? Non le ho sentite. No so che significato abbiano. Il solito polverone di chi comincia a temere di perdere”, ha detto Luca Lotti arrivato alla Camera di Commercio di Salerno su invito di Piero De Luca, figlio del governatore campano. Quest’ultimo invece non si è presentato, ha preferito lasciare la scena al figlio e al sottosegretario fedelissimo di Matteo Renzi, evitando di metterlo in imbarazzo con l’assalto dei giornalisti pronti a chiedere lumi sella richiesta da parte della Commissione antimafia alla Procura di Napoli di essere informata sull’eventuale esistenza di un’inchiesta scaturita dalle affermazioni dello stesso De Luca davanti a 300 sindaci riuniti il 15 novembre in un hotel sotto il Vesuvio. Tuttavia, attraverso i suoi colonnelli, il presidente campano ha mandato dalla Camera di Commercio un messaggio chiaro: “Contro di me è ricominciata la caccia alle streghe dei grillini e degli omuncoli vari, ma vedrete che bel piattino gli serviremo. Il 5 dicembre si sveglieranno con le ossa rotte. Da Salerno e dalla Campania arriveranno i voti che faranno la differenza per far vincere il Sì”. Anche il sindaco di Salerno interviene sulla questione: “Ma quale voto di scambio, secondo voi il voto di scambio si fa in pubblico davanti a 300 amministratori?”. Intanto la Commissione antimafia attende notizie dalla Procura napoletana, ma la stessa Rosy Bindi ha confidato di non credere che sia una “questione di mafia” e ha ribadito che tra lei “e De Luca non c’è alcun duello e nessuna questione personale”.

Politica estera

Ue/Schulz: “La vicenda Schulz è l’ennesima dimostrazione di quanto la politica europea sia totalmente in balia delle vicende nazionali”. Così commenta una fonte della Commissione europea dopo l’annuncio di Martin Schulz: dopo 22 anni, il Presidente dell’Europarlamento ha deciso di lasciare Bruxelles per dedicarsi “alla politica tedesca”. Indiscrezioni lo danno da settimane come il favorito per la successione di Frank-Walter Steinmeier, quando il ministro degli Esteri sarà nominato a febbraio presidente della Repubblica. Tuttavia ci sono voci secondo cui a gennaio, quando il partito scioglierà finalmente le riserve, Schulz possa diventare il candidato anti-Merkel dei socialdemocratici per la corsa alla cancelleria. All’inizio dell’anno prossimo sarà il vice-cancelliere, Sigmar Gabriel a decidere se rinuncerà a correre contro la Merkel, ma una parte della Spd è in aperta ribellione contro il numero uno, indebolito da un congresso andato male, dalla popolarità del partito inchiodata ai minimi storici, ma anche da un atteggiamento ondivago su molti dossier importanti. La decisione di Schulz ha ricadute politiche determinanti non solo per Berlino, è centrale anche per i delicati equilibri europei, che si reggono sull’accordo tra Partito popolare e quello socialista stretto all’inizio della legislatura e che ha portato alla nomina di Jean-Claude Juncker alla guida della Commissione Ue. Nel frattempo si è aperta la partita tra i popolari per il dopo-Schulz. Tra i nomi più papabili ci sono il francese Lamassoure, l’irlandese McGuinness, l’italiano Tajani, ma alla fine potrebbe spuntarla ancora una volta un tedesco, cioè Manfred Weber.

Ue/Turchia: Una risoluzione politica dell’Europarlamento ha chiesto ai 28 governi e alla Commissione europea di congelare temporaneamente i negoziati con la Turchia per l’ingresso nell’Ue. I due partiti della maggioranza, gli europopolari del Ppe e gli eurosocialisti di S&D, si sono appellati alle misure repressive “sproporzionate” attuate dal regime del presidente turco Recep Tayyip Erdogan dopo il fallito golpe. Gli arresti e i licenziamenti sarebbero già oltre 125mila, includendo militari, insegnanti, magistrati, giornalisti e leader della minoranza curda. L’articolo 5 della quadro negoziale con Ankara specifica che “la Commissione europea, in caso di violazione grave e persistente da parte della Turchia dei principi di libertà, democrazia, rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali e dello Stato di diritto su cui si fonda l’Unione, di sua iniziativa o su richiesta di un terzo degli Stati membri, raccomanderà di sospendere i negoziati e proporrà le condizioni per la loro eventuale ripresa”. Immediata la risposta di Ankara. Il primo ministro turco Binali Yildirim ha parlato di “voto senza importanza. Ci aspettiamo che i leader europei prendano posizione contro questa mancanza di visione. L’Ue dovrebbe decidere se vuole portare avanti la sua visione per il futuro con o senza la Turchia”. Da parte sua l’Europarlamento ha precisato che c’è la volontà di tenere la Turchia “ancorata” all’Europa, tuttavia ha chiarito che l’eventuale ripristino della pena di morte chiuderebbe in automatico qualsiasi negoziato. La palla a questo punto passa nelle mani del prossimo Consiglio dei capi di governo, in programma a Bruxelles il 15-16 dicembre.

Economia e Finanza

Legge di Bilancio: Il primo pezzo della manovra economica per il 2017, il decreto fiscale  che contiene alcune misure simbolo come l’addio di Equitalia, la rottamazione delle cartelle esattoriali, la voluntary disclosure bis e lo stop al tax day, è diventato legge dopo il voto di fiducia e l’approvazione da parte del Senato. Invece il disegno di legge di bilancio che contiene il grosso degli interventi, ha avuto il via libera della commissione Bilancio della Camera ed è passato in Aula, dove oggi è attesa una nuova fiducia. Il via libera definitivo è previsto per lunedì, prima della pausa parlamentare connessa al referendum. In commissione di Bilancio il testo si è arricchito di alcune modifiche, una serie di interventi e rifinanziamenti di portata minore. Sono stati completati anche alcuni capitoli, come quella della previdenza: è stata ampliata la platea delle lavoratrici che possono accedere attraverso “opzione donna” al pensionamento anticipato ed è stato allargato il numero degli esodati che potranno beneficiare dell’ottava salvaguardia (da 27.700 a 30.700). Alcune misure del decreto fiscale diventeranno operative a breve. Il passaggio di Equitalia nell’Agenzia delle Entrate scatterà dal primo luglio. La nuova struttura cesserà di essere una Spa, potrà agire con minore rigidità nei confronti dei debitori e avrà più strumenti a disposizione. Connessa alla cancellazione di Equitalia è la definizione agevolata delle cartelle, che permetterà di mettersi in regola versando solo quanto dovuto a titolo di capitale e di interessi legali, sanzioni, interessi di mora e altre somme aggiuntive. Saranno riaperti i termini della voluntary disclosure, da cui il Tesoro si aspetta un gettito di 1,6 miliardi. Infine verranno introdotti nuovi adempimenti trimestrali per i soggetti passivi al fine di contrastare l’evasione fiscale, in particolare l’Iva.

Bce: L’esito del voto presidenziale statunitense non ha innescato il tanto temuto crollo degli indici. Tuttavia secondo la Bce ciò non dovrebbe far abbassare la guardia agli investitori. Nel suo ultimo rapporto sulla stabilità finanziaria pubblicato ieri, la Banca centrale europea ha scritto che un’impennata della volatilità nel prossimo futuro è “probabile” e che restano “significativi” i rischi di una “brusca correzione di rotta dei mercati”. Questo soprattutto per via dell’elevato grado delle tensioni geopolitiche e dell’incertezza che caratterizza il “fitto calendario elettorale” nelle maggiori economie avanzate (dal referendum costituzionale in Italia, alle elezioni del prossimo anno in Francia e Germania). Il rischio paventato è che l’ondata populista iniziata con il referendum sulla Brexit e consolidatasi con la vittoria di Trump possa contagiare anche il Vecchio Continente, con l’affermazione di partiti anti-establishment o con l’adozione di loro istanze da parte dei partiti tradizionali. Eventi che possono vanificare gli sforzi verso il consolidamento fiscale fatti in questi anni dai Governi europei e rimettere in discussione la sostenibilità del debito dei Paesi più vulnerabili. La stabilità dell’area euro è messa a repentaglio anche da altri fattori. Anzitutto la politica economica che adotterà Donald Trump, con il rischio di una riduzione dell’interscambio commerciale e di un possibile effetto contagio legato a una risalita dei tassi di interesse e delle aspettative di inflazione, che, secondo la Bce, rischiano di provocare una correzione degli indici. Altri due fattori da tenere in considerazione sono il rialzo dei tassi negli Stati Uniti e la debolezza del settore bancario europeo, ancora alle prese con problemi di scarsa profittabilità e bassa qualità del credito.