Politica interna
Pd: Il giorno dopo il coro della Leopolda, che al grido di “fuori!” invitava all’uscita dal Pd gli esponenti della minoranza, Bersani ha ribadito di non voler lasciare, perché “il partito è casa mia”. Al di là della reazione della folla, Bersani è rimasto maggiormente preoccupato dal “silenzio di chi è stato zitto”. Un riferimento a Renzi, che ha perso l’occasione di fare da mediatore in quanto segretario e ha piuttosto “acceso le micce”. Quindi “se il segretario dice fuori fuori bisognerà anche rassegnarsi a un certo punto” ha concluso Bersani, con un’affermazione che sa di inevitabile scissione. A fare da mediatore ci ha provato Cuperlo, convinto che la rottura debba essere evitata ma anche che Renzi “sarebbe il primo responsabile” di un esito del genere. Il premier in un intervento a Frosinone ha comunque invitato alla calma, affermando che “noi non cacciamo nessuno”. Ha scatenato inoltre un’accesa discussione mediatica il riferimento di Renzi alla propria “cattiveria” politica come un difetto.
Corte Costituzionale: L’ottantunenne giudice della Corte Costituzionale Giuseppe Frigo ha deciso di lasciare con un anno di anticipo per motivi di salute la Consulta. Frigo è stato eletto come giudice costituzionale nel 2008 su proposta del Popolo delle Libertà e con il consenso degli schieramenti opposti. La nomina del sostituto spetterebbe quindi al centrodestra ma nell’attuale clima di tensioni politiche non si può prevedere né chi verrà eletto né quando questo accadrà. E’ quindi molto probabile che il pronunciamento sull’Italicum, in precedenza atteso per il 4 ottobre ma poi rinviato a dopo il referendum, verrà espresso con 14 giudici anziché i 15 previsti dalla Corte. Nel caso remoto di una parità di voti, il parere del presidente Paolo Grossi varrà doppio. Potrebbe cambiare la situazione se la legge elettorale venisse modificata prima.
Politica estera
Stati Uniti: Le ultime ore prima del voto si sono contraddistinte per l’attivismo dei due candidati, impegnati a viaggiare in più Stati per chiudere i loro comizi. Donald Trump in 24 ore ne ha toccati cinque diversi, chiudendo il proprio percorso a Grand Rapids, Michigan, con la speranza di poter recuperare su Clinton. I toni del repubblicano sono rimasti gli stessi della campagna, con un parere negativo dell’attuale situazione statunitense seguito dalla promessa di “riportarla alla sua passata grandezza”. Trump ha voluto rievocare la sorpresa del voto estivo in Gran Bretagna, parlando di un “voto che sarà una Brexit all’ennesima potenza”. Sempre in Michigan ieri si è recato il presidente Obama, che ha posto gli americani davanti al bivio: “la scelta è se continuare lungo la strada del progresso o gettare tutto dalla finestra”. Hillary Clinton ha invece chiuso la campagna in Pennsylvania, con Obama accanto a lei. Il presidente uscente si è impegnato molto negli ultimi giorni per sostenere la candidata democratica: la sua vittoria infatti chiuderebbe la presidenza di Obama con un giudizio positivo. I sondaggi, dopo la chiusura del “caso emailgate”, parlano di 4 punti di vantaggio per Clinton, ma i repubblicani potrebbero conquistare la maggioranza in Senato. In questo caso, anche se eletta presidente, Clinton si ritroverebbe impossibilitata a eleggere un giudice liberal per la Corte Suprema e avrebbe difficoltà ad applicare il suo programma politico, oltre a rischiare il pressing da parte dei senatori repubblicani per un eventuale impeachment.
Protesta delle donne: Alle 16,34 e 7,5 di ieri le donne francesi hanno smesso di guadagnare fino al 31 dicembre. La differenza tra il salario degli uomini e quello delle donne (15%) porta infatti a questa conclusione, dedotta dalla docente universitaria Rebecca Amsellem, con 38,2 giorni in più richiesti alle donne per equiparare il proprio stipendio a quello dell’altro sesso. Ecco perché nell’ora x le donne francesi hanno deciso di incrociare le braccia, smettere di lavorare e alzarsi in piedi sul proprio posto di lavoro per sottolineare il gap salariale. A queste proteste si sono aggiunte manifestazioni in piazza, oltre a una forte partecipazione via social media, con l’hashtag “7novembre16h34” che ha spopolato su Twitter. La manifestazione è stata ripresa dall’Islanda, dove lo scorso 24 ottobre si è tenuta una protesta per chiedere l’eguaglianza salariale tra i due sessi.
Economia e Finanza
Manovra/Ue: Continua il confronto tra Italia e Ue su manovra e conti pubblici. Ieri il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker si è lamentato delle ultime dichiarazioni italiane, sostenendo che “l’Italia non cessa di attaccare, a torto, la Commissione europea”. Juncker sottolinea che da un deficit dell’1,7% sul pil promesso si è passati al 2,4% di rapporto, considerando che le spese per migranti e terremoto consisterebbe in uno 0,1%. Il presidente si è poi sfogato affermando che “non si può più dire che le politiche di austerità siano continuate con questa Commissione”. Il premier Renzi ha risposto stizzito alle dichiarazioni, mostrando fermezza sul tema messa sicurezza degli edifici: “Sull’edilizia scolastica non c’è possibilità di bloccarci: noi quei soldi li mettiamo fuori dal Patto vogliano o meno i funzionari di Bruxelles”. A calmare gli animi ci ha provato Pierre Moscovici, tributando all’Italia i meriti per aver affrontato finora l’emergenza migranti ma ricordando anche che è fondamentale il rispetto delle regole. E’ attesa per domani la pubblicazione di dati economici sulla comunità, con cifre sotto le aspettative: la crescita dovrebbe calare (dall’1,3% previsto in primavera a 0,9%) mentre il deficit aumenterà (1,9% stimato ma sarà 2,4%).
Banche: Il presidente dell’Abi Antonio Patuelli ha lanciato l’allarme: se la Ue non farà nulla, nei prossimi anni si preannuncia una richiesta di 1300 miliardi di euro di aumenti di capitale per tutte le banche europee. Il pericolo è dovuto all’applicazione delle regole di “Basilea IV” che, dopo la spesa di 1547 miliardi per Basilea III, aggiorneranno ulteriormente i criteri per le banche. Secondo Patuelli inoltre la Bce si è finora comportata negativamente sulla questione degli npl poiché ha imposto “costrizioni temporali alla vendita” portando a una svalutazione dei crediti deteriorati. L’Ue inoltre sta rischiando, con la sua burocrazia, di creare un forte dissesto nelle quattro “good bank” imponendo un esborso dell’onere supplementare in un unico anno invece che in cinque. Per il salvataggio di queste saranno necessari probabilmente 1,8 miliardi. Il presidente di Abi ha criticato gli stress test, “non vincolanti ma che fanno impazzire tutti e tutto”, e ha ricordato che l’eccezione di incostituzionalità sul bail-in “non ha un termine” e potrebbe essere utilizzata dai risparmiatori come arma.