Ecco le principali notizie in evidenza sui giornali di martedì 22 gennaio 2019
Politica interna
Migranti, lite Parigi-Roma. Il Corriere della Sera parla di alta tensione lungo l’asse Roma-Parigi sulla questione dei migranti. Ieri il governo francese ha convocato l’ambasciatrice italiana Teresa Castaldo. E’ la risposta, senza precedenti, al duro attacco di Luigi Di Maio che domenica scorsa, in duplex con Alessandro Di Battista, aveva accusato la Francia di sfruttare l’Africa attraverso il franco coloniale (la valuta introdotta da De Gaulle nel ’45 e ancora in uso in 14 Stati), favorendo così il fenomeno delle migrazioni. Di Maio e Di Battista, nonostante la mossa diplomatica di Parigi, ieri hanno rilanciato le accuse: «Abbiamo detto la verità, la Francia è uno di quei Paesi che impedisce lo sviluppo e contribuisce alla partenza dei profughi» hanno ribadito, minacciando di portare a Marsiglia i migranti intercettati. «Frasi vuote e irresponsabili» ha commentato da Bruxelles il commissario Ue agli Affari economici, Pierre Moscovici, mentre fonti diplomatiche parigine hanno parlato di «parole ostili e inaccettabili motivate solo da dinamiche tutte interne alla politica italiana». Il braccio di ferro, secondo quanto trapela dal Quirinale, è seguito con preoccupazione dal capo dello Stato Sergio Mattarella. Per l’esecutivo d’Oltrealpe – scrive Repubblica – si stava mettendo in pericolo l’amicizia stessa tra i due paesi. E la ragione illustrata ai tre interlocutori istituzionali italiani (Mattarella, Conte e Moavero) era precisa: Di Maio, vice presidente del consiglio, non se l’è presa con Macron e la sua formazione politica. La sua offensiva era rivolta contro la Francia e i francesi. L’accusa di colonialismo riguardava il Paese, oltre che il suo presidente della Repubblica. Un errore riconosciuto – nei colloqui in Italia – dal governo Conte. Che si è mosso su due binari: provare a rassicurare i francesi e tentare di convincere i grillini a fermare questa escalation. Chi si aspettava dunque una “copertura” politica da parte di Palazzo Chigi e del governo agli attacchi di Di Maio e Di Battista contro la Francia, è rimasto e rimarrà deluso. Toninelli e il sottosegretario agli Esteri Di Stefano difendono però oggi le posizioni.Il M5s parte all’attacco dell’alleato di governo.
Scenario. Il Corriere della Sera: solo il «fattore Q» può far diventare realtà la lista unitaria europea proposta da Calenda. Sempre che i mille distinguo con cui i dirigenti del Pd l’hanno accettata non la blocchino ancor prima. «Q» come quorum, nel senso che bisogna oltrepassare la soglia del 4 per cento per ottenere qualche seggio a Strasburgo. E i possibili alleati del Partito democratico non hanno questa matematica certezza: da +Europa a Casini, quest’ ultimo: «Confesso di non aver capito che cosa sia il listone Calenda. Ho visto che hanno aderito Rossi e Boldrini, ma se il Pd non parla ai moderati al massimo può recuperare il rapporto con Leu…». Un’obiezione simile a quella sollevata dall’ex ministra Lorenzin: «I moderati che fine hanno fatto?». Già, e lo stesso Zingaretti non vuole rifare il Pci. Poi c’è chi tace. Per esempio, Renzi. Nel Pd, insomma, la proposta Calenda, dopo un iniziale entusiasmo, non trova solo ferventi ammiratori. Come da tradizione, nonostante l’allarme per la maggioranza gialloverde, il Pd fatica a trovare una posizione comune. «Una buona notizia» arriva però dall’affermazione alle elezioni suppletive di Cagliari, che hanno visto Frailis imporsi nel collegio che fu del grillino Andrea Mura. Frailis, è convinto che questa vittoria dica comunque qualcosa di importante, alla vigilia delle Europee: «La riscossa del centrosinistra parte dalla Sardegna».
Si registra inoltre la sferzata di Di Battista e di Fico alla Lega. Si ritorna sulla restituzione dei 49 milioni di fondi pubblici scomparsi dalle casse dell’allora partito di Umberto Bossi. Salvini per ora evita di replicare. Il leader della Lega ieri ha tenuto al Viminale una lunga riunione con i big del suo partito dove è emerso il disappunto per le bordate che arrivano dai Cinquestelle. Ma più che il confronto con il M5s, a preoccupare Salvini è il rischio recessione e le conseguenze che potrebbe provocare. «Lavoriamo fin da ora al Def», è l’input di Salvini, che non ha alcuna intenzione di rompere con Di Maio.
Economia e finanza
Fmi: la frenata italiana è un rischio globale. Il Sole 24 Ore: il Fondo monetario internazionale taglia di 0,4 punti la stima sulla crescita del Pil italiano nel 2019: da +1% a +0,6% (in linea con quanto indicato dalla Banca d’ltalia la settimana scorsa); invariata a +0,9% la previsione 2020. È il quadro delineato dall’aggiornamento del World economic outlook del Fondo presentato ieri a Davos alla vigilia del Forum mondiale. Secondo l’Fmi la situazione finanziaria dell’Italia, con la Brexit, è al primo punto fra i fattori di rischio globale: per questo sono state limate le stime 2019 sull’Eurozona da 1,9 a 1,6%. Immediata la reazione del governo italiano. «Non credo che l’Italia sia un rischio», in realtà il rischio viene dalle «politiche consigliate dal Fmi» ha detto il ministro dell’Economia Tria, che ha poi smentito l’ipotesi di manovre correttive: «Si fanno se le entrate e le uscite dovessero cambiare, non perché cambia la congiuntura e c’è un rallentamento». «È l’Fmi che è una minaccia per l’economia mondiale» rincara il vicepremier Salvini. Chiude Di Maio: «Indietro non si torna». Le stime del Fondo sulla crescita mondiale sono state confermate per il 2018 a +3,7%, mentre sono state riviste al ribasso quelle sul 2019 (dal 3,7 al 3,5%) e sul 2020 (da 3,7 a 3,6%). ll governatore Visco difende le stime di Bankitalia: «Si rischia di scendere ancora».
Globalizzazione, le élite a Davos. Il Corriere della Sera: in apparenza è la solita, vecchia Davos. Torna ogni fine gennaio per coltivare l’illusione che il mondo, se non migliorerà nell’anno che viene, per lo meno non è cambiato. Nel programma del World Economic Forum che si è aperto ieri sera con un concerto di gala e una tutt’altro che nuova polemica dell’Italia sulle previsioni del Fondo monetario internazionale, figurano le solite discussioni un po’ vaghe: pochi nomi, e ancora meno cifre ma un «nuovo dialogo sul cibo», un dibattito su come funziona la «fabbrica del futuro» o sull’ultima elettrizzante tecnologia. L’anno scorso, per esempio, erano le valute digitali. Quest’anno le cancellazioni improvvise di Donald Trump, la prima assenza di un premier di Londra da tempo immemorabile, dovuta al fatto che l’agenda di Theresa May è travolta dalla Brexit e l’appuntamento maggiore dato dall’esordio di Bolsonaro. Ma c’è un aspetto in più, nel vento della politica populista che visita anche Davos: azionisti, ad o presidenti di società quotate hanno visto circa seimila miliardi di dollari di valore azionario bruciato nel mondo nell’ultimo trimestre del 2018.
Politica estera
Iran-Israele, “lampi di guerra”. Repubblica: fra domenica e lunedì Israele ha lanciato decine di missili contro installazioni militari iraniane in Siria: per la prima volta l’esercito ha annunciato gli attacchi nella notte mentre erano in corso, e soprattutto ha indicato che l’obiettivo erano gli iraniani. Il premier Netanyahu ha confermato gli attacchi: “Distruggeremo chi vuole minacciare Israele”. Da Teheran gli ha risposto il capo dell’aeronautica, dicendo che l’Iran è “impaziente di combattere il regime sionista ed eliminarlo dalla Terra”. Il Corriere: gli attacchi e le rappresaglie di questi due giorni sembrano diversi dalle centinaia di raid degli ultimi anni. Domenica mattina i jet israeliani hanno colpito quelli che l’intelligence considera depositi iraniani, contenenti armamenti destinati all’Hezbollah libanese. Poche ore dopo — e non mesi come in passato — dalla Siria è stato sparato un missile intercettato dal sistema israeliano prima che cadesse sulle alture del Golan. La risposta israeliana ha distrutto dieci hangar all’aeroporto internazionale di Damasco, una base iraniana e un campo di addestramento nel Sud della Siria, i morti sarebbero 11. Sulla Stampa parla Aaron David Miller, analista e consigliere del Governo Usa: “Il rischio di una escalation ci sarebbe nel caso l’Iran colpisca un obiettivo israeliano causando molte perdite, e Israele rispondesse facendo fuoco sull’Iran in Iran, ovvero colpendo direttamente a casa loro. Ma considero questa ipotesi ancora difficile”.
Usa/Francia/Germania. Il Messaggero oggi riporta di un attacco suicida di miliziani talebani che ha provocato ieri mattina una delle più sanguinose perdita di vite umane nei diciassette anni di guerra che hanno devastato l’Afghanistan. Il commando ha preso di mira un centro di addestramento dell’Nds (National Directorate of security) a sud ovest di Kabul, presso il capoluogo di Maidan Sahr, e si è aperto la strada con un Humwee precedentemente rubato all’esercito statunitense, e imbottito di esplosivo. Il veicolo lanciato a tutta velocità ha abbattuto il cancello di ingresso dove ha mietuto le prime vittime, e poi è esploso a contatto con l’ampio edificio di due piani, causando il crollo parziale della struttura. Morti 130 soldati.
Il Corriere sul patto Merkel-Macron: nella sala dell’incoronazione del Municipio di Aquisgrana, sotto gli occhi virtuali di Carlo Magno, Emmanuel Macron e Angela Merkel firmano oggi il nuovo Trattato di amicizia e cooperazione franco-tedesco. Cinquantatre anni esatti dagli accordi dell’Eliseo, con cui Charles de Gaulle e Konrad Adenauer seppellirono per sempre la Erbfeindschaft, l’inimicizia secolare tra Francia e Germania. II patto però rischia di essere vissuto dagli altri Paesi Ue come il voler riproporre un direttorio. E a rendere la solenne celebrazione un segnale di debolezza è anche la mutata condizione politica dei due leader. Angela Merkel ha iniziato il suo lungo addio al potere e Emmanuel Macron non è più la stella cometa della politica europea