Politica interna

Grillo: tribunali per giornali e tv, la polemica. Oggi dalla prima di Repubblica: “Una «giuria popolare» per giudicare giornali e tv. Questa la nuova proposta di Beppe Grillo. Il leader del Movimento 5Stelle si scaglia contro i media, che definisce «i primi fabbricatori di notizie false». La Fnsi ribatte: si tratta di «linciaggio». Il Pd: toni fascisti. Intanto, i militanti M5S approvano il codice etico”. Il commento di Marco Imarisio sul Corriere della Sera: “L’ossessione di Grillo per i media, almeno quelli non gestiti e controllati da lui, è nota da tempo. E dopo la scomparsa di Casaleggio padre, che invece i giornali li leggeva, è andata peggiorando fino all’auspicio della loro estinzione. Ma forse c’è ancora bisogno di qualcuno che provi a confutare l’esistenza del pomodoro antigelo responsabile della morte di sessanta ragazzi, e risponda con i fatti a chi giudica dannosi i vaccini e inutili nonché pericolose le mammografie. Finché Grillo e il suo blog continueranno a spacciare castronerie atomiche per verità scolpite nella roccia al grido di «la gente deve sapere», i media tradizionali avranno la loro ragion d’essere”. Sulla stessa linea Mario Calabresi su Repubblica: “Sarebbe sbagliato orchestrare una difesa d’ufficio del giornalismo italiano, senza dubbio non esente da pecche e peccati, ma nel dibattito sui falsi che circolano in rete non siamo noi i colpevoli. La prima responsabilità ricade infatti su chi da anni predica l’inutilità di esperienza e competenza, per cui chiunque può condonare su vaccini, scie chimiche, chemioterapia o cellule staminali con la pretesa di avere in tasca una verità popolare”. Paolo Pombeni sul Sole 24 Ore: “La proposta di costituire tribunali del popolo con cittadini estratti a sorte per esaminare e denunciare quel che appare sui giornali o nei Tg, così come l’obbligo di gogna per direttori e giornalisti ritenuti colpevoli ricorda la cosiddetta “rivoluzione culturale” cinese con lo scatenarsi delle Guardie Rosse (…) E’ questo il futuro radioso che Grillo vuole preconizzare per l’Italia?”. Il vicepresidente del Csm critica l’idea del “tribunale” per i media. In una intervista rilasciata a Repubblica: “Le sanzioni già previste dalle leggi”, afferma. Chi vede la verità falsificata può presentare querele, chiedere rettifiche oppure risarcimenti”. Inoltre “l’autonomia della stampa è tutelata dalla Costituzione”. Antonello Soro, presidente dell’Autorità garante per la privacy su Avvenire non prende neppure in considerazione la soluzione prospettata da Beppe Grillo di una giuria popolare per contrastarle. “Nelle democrazie liberali il problema viene affidato alle istituzioni preposte, che sono le autorità giudiziaria e indipendenti, quando ne abbiano competenze stabilite dalla legge”. E rilancia su una precedente polemica sulla regolamentazione del Web: “Le bufale però si moltiplicano soprattutto fanno da cassa di risonanza. Il principio di fondo è che on line dobbiamo far valere le stesse norme che valgono offine”.

Codice etico del M5S/legge elettorale/Governabilità.
Il Corriere della Sera intervista Roberta Lombardi (M5S) a proposito della tempistica del codice etico etichettato come un Salva-Raggi: “Era diverso tempo che si stava mettendo a punto un codice etico, in questi giorni è stato votato”. “E’ un codice per il M5S, per tutti i portavoce in ogni istituzione e per chi sarà eletto un domani”. “Se qualsiasi partito adottasse un codice etico come il nostro, allora la classe politica italiana riuscirebbe a liberarsi di decine e decine di indagati, condannati e prescritti che oggi siedono in Parlamento e in moltissime amministrazioni locali. Per intenderci: con il nostro codice un De Luca, oggi, si starebbe cercando un lavoro”. “Quante possibilità crede abbia l’amministrazione di Roma di uscire dall’impasse dopo i cambiamenti avvenuti a dicembre? È fiduciosa?”, domanda il giornalista. R.: «Questo è un giudizio che lascio all’amministrazione capitolina». Ma l’idea del codice etico dei 5Stelle non convince Emanuele Fiano del PD che afferma: “Il Pd, con tutti i suoi difetti, elegge i suoi organi interni, dai congressi di circolo al segretario nazionale, con persone in carne e ossa che votano alzando una mano. Loro, il M5S, come nel caso della giunta Raggi, si riuniscono di notte e senza streaming, nominano il Direttorio e poi lo aboliscono, fanno nascere il collegio dei probiviri non si sa nominato da chi, impongono codici etici come fa Grillo, che è il proprietario di un marchio, possiede blog e sito, ma che nessuno ha mai eletto”. Si segnala invece riguardo gli scenari di Governo l’intervista del Corriere a Maurizio Lupi. In prima battuta la legge elettorale. “L’esigenza dovrà essere quella di dare rappresentanza alla volontà popolare con il proporzionale, inserendo però dei meccanismi che favoriscono la governabilità (…) “Ma voi con chi pensate di allearvi? Con Berlusconi, che non vuole essere «costretto» ad accordi con Salvini?”, è la domanda. R.: «Noi abbiamo sempre auspicato che íl centro torni ad essere unito, l’Ncd nasce proprio per rimettere insieme una proposta forte dei moderati (…) Spetterà a FI e a Berlusconi scegliere se andare dietro, in posizione minoritaria, all’asse Lega-Fdl che rappresenta secondo i sondaggi un 15-18% dei voti, o se ripartire con slancio con una proposta moderata che potrebbe davvero far risalire questa area di centro al 20-22%”. Mentre Michele Salvati sul Corriere ritorna su un’analisi relativa alla caduta del Governo Renzi: “Anche se le riforme fossero state le migliori possibili, le più adatte a sollevare l’Italia dalla stagnazione di cui soffre (…) L’economia ristagna, le banche sono in crisi, le istituzioni funzionano male e i cittadini, specie i giovani e coloro che versano in condizioni più disagiate, lo sentono sulla propria pelle. Gli annunci continui, l’attivismo mediatico (di Renzi, ndr) si sono rivelate (…) forse controproducenti in una situazione in cui il disagio e il pessimismo recedevano troppo lentamente”.

Politica estera

Migranti, nuove regole sull’accoglienza. Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera: “Doppio binario per la stretta del Viminale sui profughi: il ministro dell’Interno va a Tunisi e rinnova l’accordo per rimpatriare gli «irregolari»; in Italia si amplia il sistema di accoglienza per evitare rivolte come nel Veneto, ma anche le proteste degli abitanti. Lettera di richiamo ai prefetti per distribuire i profughi in tutti i comuni: «Basta enclave etniche con numeri troppo alti di richiedenti asilo». Dovranno far rispettare l’accordo: 2,5 migranti per mille abitanti”. Il commento di Massimo Giannini su Repubblica: “Il nostro secondo dovere, dopo l’accoglienza per chi la chiede e la merita, è rimandare indietro chi non ha diritto o non merita di restare. Lo stiamo facendo? In modo insufficiente. Tra il 1998 e il 2016, sui circa 200 mila stranieri transitati per i Cie solo il 46% è stato rimpatriato. Nell’ultimo anno la quota è scesa sotto al 10% (in Gran Bretagna raggiunge il 62%, in Svezia il 59%). Perché non lo facciamo? In parte per le insufficienze e i ritardi del sistema. In parte ancora più significativa, per la totale mancanza o la scarsa cogenza di accordi bilaterali con i Paesi presso i quali dovremmo effettuare i rimpatri. Qualche paese collabora (Nigeria, Egitto). Molti altri non ne vogliono sapere (Ciad, Niger) . È in questo buco nero che precipita il nostro terzo dovere, cioè la libertà e la tranquillità di noi italiani”. Mentre Gian Antonio Stella, ritornando sulla vicenda di Cona, dalle pagine del Corriere concentra l’attenzione sul giro d’affari delle cooperative. Oggi sulla stampa spazio ai rappresentanti del territorio. Dopo quanto accaduto a Cona: “È inconcepibile che in un paese di tremila abitanti, siano sistemati tutti assieme 1.400 migranti, di etnie diverse, abitudini diverse. Questa non è accoglienza, è evidente che vanno in crisi i servizi, di trasporto, sociali, sanitari”. Il sindaco di Bari, Antonio Decaro, che è anche presidente dell’Anci, è intervistato dal Corriere: crede molto nel accordo Sprar (Sistema protezione per richiedenti asilo e rifugiati), e si dice convinto che pian piano la maggior parte del Comuni dirà di sì. Come funziona: «Ogni Comune, su base volontaria, se aderisce, non potrà essere obbligato ad accogliere un numero superiore a 2,5 rifugiati per mille abitanti. A Cona ce ne sarebbero stati solo 8, per esempio». Sul Messaggero Debora Serracchiani parla di modello dell’accoglienza diffusa in Friuli: «Si tratta di collocare piccoli gruppi di immigrati nei diversi comuni in maniera da poterli seguire meglio”. L’integrazione ne risente positivamente e “abbiamo un tavolo permanente con prefetture e questure. Pertanto “sono contraria al Cie così come è stato utilizzato in passato”.

La Stampa intervista il Ministro Alfano
: “Quali priorità porterà l’Italia all’Onu?”, è la domanda. R.: «Dobbiamo portare l’attenzione sulla sicurezza e i grandi flussi migratori del Mediterraneo, il luogo in cui si giocano sorti del mondo. E dobbiamo affrontare il problema alla radice: sono i conflitti che hanno sconvolto la Siria e l’Iraq all’origine dei flussi di milioni di rifugiati. E poi, come superpotenza culturale, dobbiamo porre al centro la difesa dei beni culturali e il contrasto al contrabbando di opere d’arte”. Mediterraneo anche al centro dell’agenda del G7 di Taormina?, incalza il giornalista. R.: «Vorrei che anche in quel caso ci fosse una postura accentuata sulla sicurezza nel Mediterraneo e il contrasto al traffico di esseri umani: è una sfida globale, nessuno pensi che il tema migratorio sia risolto con l’accordo con la Turchia». Sulla rivolta di Cona: «Noi ci muoviamo con rigore e umanità: abbiamo salvato molte vite ma non possiamo accettare da nessuno violazioni delle regole. Per questo dobbiamo accelerare su espulsioni e rimpatri sono al lavoro per concludere accordi che diminuiscano gli arrivi impedendo le partenze». «C’è un triangolo di Paesi fondamentale: il Niger, con cui siamo vicini a chiudere un accordo, la Tunisia e la Libia». E parla di «balbuzie dell’ Europa inadeguate contro il terrore».

Economia e Finanza

Basilea 4, slittano le regole sul capitale delle banche. Oggi in prima pagina sul Sole 24 Ore: “Rinviato a data da destinarsi il vertice per il completamento delle regole predisposto dal Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria. Per Mario Draghi «il completamento di Basilea 3 è un passo importante per ripristinare la fiducia negli indicatori di capitale e manteniamo l’impegno per raggiungere questo obiettivo». Si «continuerà a lavorare per finalizzare le riforme che puntano a correggere le imperfezioni messe in luce dalla crisi finanziaria al fine di rendere le banche più sicure e resilienti». Donald Trump non ha mai fatto mistero di voler ammorbidire le regole per banche d’affari e società finanziarie americane e rivedere i cardini della riforma voluta dall’amministrazione Obama a valle della crisi del 2008. Nelle prossime settimane si capirà forse quale è la posizione finale del nuovo presidente sul tema. Rimane dunque elevato il livello di scontro fra Usa e Ue sulla revisione dei modelli di rating interni”. Alessandro Graziani sempre sul Sole ricorda che la revisione delle regole “avrebbe pesanti impatti sul capitale delle banche, così come la ridefinizione dei cosiddetti modelli Tlac (per le banche di interesse sistemico, tra cui l’italiana UniCredit) che avrebbero avvantaggiato le grandi banche Usa grazie al modello societario basato sulla holding company. I temi sono ipertecnici, ma è bene ricordare che in ballo, se passasse la nuova Basilea 4 così come concepita inizialmente, ci sono circa 860 miliardi di futuri aumenti di capitale delle banche europee”. Il commento di Donato Masciandaro: “Il disegno delle regole bancarie concepito da Basilea 3 è sbagliato: sono regole complesse, discriminatorie, arbitrarie e cicliche, mentre dovrebbero essere caratterizzate dalle proprietà opposte: semplici, universali, non discrezionali e a-cicliche. Il rinvio deve essere allora una occasione da non sprecare per l’Unione Europea per definire quale è il modello di regolamentazione bancaria più adatto per coniugare crescita economica e stabilità finanziaria”. Oggi comunque spazio anche a Trump che sfida ogni logica convenzionale, e le regole del mercato. Si parla di neo-protezionismo. Gli esempi: “La Ford cede ai diktat del presidente eletto, prima ancora che lui entri alla Casa Bianca gli offre una vittoria d’immagine: non aprirà una fabbrica in Messico. General Motors è la prossima della lista, nuovo bersaglio per gli strali di Trump. È un metodo eterodosso, un mix di minacce e blandizie”, scrive Rampini su Repubblica. “Trump si è messo a caccia di multinazionali americane che vogliono spostare produzioni nei Paesi emergenti. Telefona ai loro chief executive, esige che cancellino i piani di delocalizzazione. Di contro aggiunge promesse di sgravi fiscali, e talvolta le amministrazioni locali ci aggiungono qualche bel sussidio a carico del contribuente. Nulla di nuovo sotto il cielo. Ma funziona. Stiamo forse assistendo alle prove generali di un nuovo paradigma economico, o di un ritorno all’antico?”. Certo è che come scrive Il Sole 24 Ore il nuovo atteggiamento Usa contribuisce a creare anche un’incognita sull’agenda del G20.

Povertà e consumi in Italia. Enrico Marro sul Corriere: “II ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, accoglie positivamente la proposta di trasformare la delega al governo sul contrasto alla povertà in un disegno di legge che possa essere subito operativo. La proposta era stata esposta al Corriere dalla relatrice in commissione Lavoro al Senato, Annamaria Parente (Pd). E anche il presidente della commissione, Maurizio Sacconi (Ap), dice di essere favorevole a trasformare il provvedimento presentato dal governo ormai un anno fa «in un testo immediatamente dispositivo». La trasformazione della delega con un pacchetto di emendamenti di dettaglio, per evitare i successivi provvedimenti attuativi, accorcerebbe i tempi per l’introduzione del reddito di inclusione, che il governo Gentiloni ha dichiarato essere una priorità”. Il Sole 24 Ore sul lato consumi: “Un Paese ancora in surplace e che, dopo gli anni bui della recessione, spera nel futuro ma di ripresa decisa dei consumi non se ne parla, almeno per quest’anno. Sono queste, a sorpresa, le previsioni per il 2017 del Rapporto Coop. Il nuovo anno farà segnare un rallentamento del potere d’acquisto delle famiglie. Di conseguenza il ciclo dei consumi «dopo un biennio a ritmi superiori all’1%, subirà una battuta d’arresto», con una stima che si attesta a 0,7% (come il Pil), dovuto soprattutto alla ripresa dell’inflazione. Per quest’anno Coop prevede anche la crescita dei prezzi dell’1,1% dopo l’apnea del 2016, -0,1%. L’analisi sempre sul Sole di Vincenzo Chierchia: “Gli italiani stanno a guardare, dicono i ricercatori. Dopo anni di confronto sui consumi deboli, sulle dinamiche da prefisso telefonico dopo i capitomboli di qualche anno, il quadro è oggettivamente deludente. La scossa alla domanda interna si è rivelata un fuoco di paglia, semmai c’è stata. L’impressione è che emerga un sentiment di disillusione per certi versi. Una buona dose di smarrimento che fa poi guardare alle tipiche spese da evasione come i viaggi, o i beni rifugio per il futuro, come le abitazioni. L’indagine Coop mette a fuoco un punto chiave, un elemento debole della politica economica il 2017 sarà l’anno del rallentamento del potere di acquisto delle famiglie, che fino al 2016 hanno goduto di fattori favorevoli, ma transitori”. Servono dunque interventi mirati per i consumi.