Alle 3 di notte tra martedì e mercoledì è arrivato l’accordo sul nome di Maurizio Landini come successore di Susanna Camusso al vertice della Cgil. Non è stato un parto semplice. Ma una soluzione unitaria era inevitabile: “I delegati ci chiedono di evitare una spaccatura. Non saprebbero come tornare a casa a spiegarla alle loro organizzazioni”, confessavano già martedì pomeriggio esponenti delle due aree in cui ha finito per dividersi la maggioranza. Il tempo per scongiurare la spaccatura era quasi scaduto. Ieri sera infatti il congresso avrebbe dovuto comunque votare i nomi dei 320 delegati che oggi eleggeranno il segretario generale. In realtà, anche con l’accordo fatto, la discussione sulla composizione dell’assemblea decisiva è durata più lunga del previsto e tutte le votazioni sono state concentrate nella giornata di oggi. Ottenuta la vittoria, per come è maturata la stessa richiederà a Landini di operare una sintesi, seppur parziale, tra le sue idee e quelle del suo (leale) concorrente Vincenzo Colla. Visto il tradizionale posizionamento movimentista del nuovo segretario molte attenzioni saranno dedicate al rapporto che andrà a stabilirsi tra la sua Cgil e il populismo di governo.