Non siamo borbonici. Non sogniamo il ritorno della monarchia. Ma ci sono storie che la storia ufficiale non racconta. La storia di una vera e propria guerra civile durata dieci anni e che ha segnato profondamente il nostro Paese subito dopo l’Unità. All’epoca, i vincitori, la liquidarono come una storia di “briganti”, la lotta contro l’invasore borbonico ridotta a una vicenda di ladrocini e saccheggi. Come se il Sud non fosse in grado di esprimere una propria identità e un proprio progetto politico. In questi post vogliamo, invece, ricordare le vicende e le storie di una vera e propria guerra, che ha visto un popolo sconfitto e un altro dominatore. La storia la scrivono i vinti. Ma agli storici e ai giornalisti spetta il compito di ricordare e valutare. Solo così si recupera la memoria storica di una nazione. E, soprattutto, si può evitare di rifare gli stessi errori del passato.

L’esercito fedele

 

L’8 settembre si aprirono le porte dei castelli di Napoli. La città ancora festeggiava Garibaldi, quando parte delle truppe borboniche rimaste in città uscì dai forti, allineandosi tra gli sguardi stupiti degli abitanti. Non ci furono reazioni né violenze. Il 9° reggimento di linea e il 13° cacciatori, con musiche e bandiere spiegate, sfilarono in un contesto surreale, con i garibaldini, la guardia nazionale e la flotta oramai diventata italiana ad osservare. I soldati, in perfetto ordine, raggiunsero il re che stava riorganizzando l’esercito. Il capitano borbonico Tommaso Cava ricordò che «quasi tutti i corpi sbandati, vennero volontariamente a raggranellarsi dietro il Volturno, ed era commovente vedere come quei soldati laceri, scalzi, defatigati» scelsero di restare con il re. Francesco II scoprì che decine di migliaia di uomini erano rimasti fedeli e pronti a combattere33. Il forte di Baia si arrese solo dopo aver finito i viveri34. L’esempio lo diedero i soldati delle brigate sciolte in Calabria. Rifiutarono l’invito ad entrare nell’esercito garibaldino e, dopo la resa di Ghio, 260 ufficiali raggiunsero il sovrano.