La legione ungherese fu un corpo militare costituito da Giuseppe Garibaldi, attivo dal 1860 al 1867. Era composto da esuli e soldati magiari che già avevano combattuto in passato al fianco del condottiero nizzardo, o che andarono ad aggiungersi in un secondo momento, prestando i loro servizi per gli eventi bellici che, tra il 1860 e il 1861, infiammarono il Mezzogiorno d’Italia.
Tale legione si contraddistinse per la ferocia e l’efferatezza delle sue operazioni, commesse durante l’invasione piemontese del Regno delle Due Sicilie. Episodi particolarmente tristi e sanguinari, nei quali la compagine militare si rese protagonista furono, le stragi di Auletta, Montemiletto e Montefalcione.
Venne costituita, in Sicilia, tramite il decreto del 16 luglio 1860 col quale Garibaldi, instauratore di un governo dittatoriale sull’isola, autorizzò sé stesso alla creazione di suddetta legione che inizialmente era composta da un totale di 50 uomini. In un breve lasso di tempo, però, le cose cambiarono e le sue fila vennero ingrossate dall’aggiunta di nuovi elementi. Le cifre non sono univoche e c’è chi ha parlato di un minimo di 500 unità fino ad un massimo di, addirittura, 5.000, guidate dal colonnello brigadiere Ferdinand Nandor Eber.
Passata successivamente sotto il comando di Stefano Turr, la compagnia veniva utilizzata per reprimere i focolai di rivolta popolare che agitavano le province di Napoli ed Avellino. Incendi e distruzioni di paesi divennero il tratto distintivo della milizia chiamata a perpetrare quel “lavoro sporco” e quelle violenze delle quali il Regio Esercito non volle macchiarsi.
Dopo l’Unità d’Italia venne inquadrata tra le truppe militari italiane col nome di “Legione Ausiliaria Ungherese” composta da circa 1.400 uomini al comando del colonnello Mogyoròdy ed impiegata sistematicamente per contrastare il brigantaggio postunitario, specialmente nella provincia di Terra di Lavoro.
Fu, come detto, attiva fino al 1867 ma nonostante un’esistenza relativamente breve, essa si è ritagliata un posto nella storia e nelle cronache proprio a causa dell’efferatezza e brutalità con le quali era solita operare.
Fonte: Centro Sociale Antonio Gubitosa