Berlusconi suona la carica e si butta nella campagna elettorale per il No. Anche perché, dice in un videomessaggio trasmesso alla manifestazione unitaria del centrodestra di Roma, «Renzi ha studiato le regole della riforma costituzionale per se stesso. Ma deve stare attento perché con queste regole potrebbe vincere chiunque, anche Beppe Grillo. Il quale si troverebbe ad avere in mano il Paese senza nessun controllo, senza contrappesi, senza limiti allo strapotere di una maggioranza parlamentare per quanto scelta da un solo italiano su sei». Lo spauracchio del comico deve spaventare tutti: «Grillo è già padrone del suo partito, che avrebbe il 55 per cento dei seggi della Camera, che sarebbe l’unica Camera a fare le leggi ordinarie, che nominerebbe il Capo dello Stato, i membri della Corte costituzionale, il tutto soltanto con il 15 per cento degli italiani aventi diritto di voto. Questo annullerebbe ancora una volta il significato della de mocrazia. Per questo dobbiamo votare No. E dobbiamo convincere tutti gli incerti, tutti quelli che non sanno che in questo referendum non c’è quorum e che quindi stando a casa si fa un regalo a Renzi contro il proprio interesse». Il rischio della deriva autoritaria c’è eccome perché «solamente un terzo dei votanti, ossia un italiano su sei, potrebbe scegliere chi ha in mano il Paese». Altra botta al premier: «Renzi si illude di conquistare una maggioranza mai ottenuta nelle urne ma gli italiani sono stanchi di vivere in una democrazia sospesa». E poi via a ricordare le «pagine oscure scritte negli ultimi 25 anni» con i colpi di Stato «senza carri armati» che hanno sovvertito la volontà popolare. Ce l’ha con la sinistra, il Cavaliere; la quale ha bocciato la vera riforma autentica del Paese su cui, dopo la vittoria del No, occorre lavorare tutti insieme: «Serve un limite massimo delle imposte in Costituzione, l’obbligo di rispettare la volontà degli elettori per cui chi cambia partito si deve dimettere, la riduzione dei parlamentari a 300 deputati e 150 senatori, l’elezione diretta del presidente della Repubblica».