È STATO BATTUTO all’asta per 432 mila dollari, 43 volte la stima di partenza. Il ritratto di Edmond de Belamy, prodotto di un algoritmo, ha fruttato oltre il doppio degli incassi di una stampa di Andy Warhol e un bronzo di Roy Lichtenstein messi insieme, battuti lo stesso giorno da Christie’s a New York. Anonimo il compratore, che ha rilanciato per telefono (contendendosi il quadro con un collezionista che chiamava dalla Francia e un altro in sala), facendo entrare ufficialmente l’intelligenza artificiale nell’Olimpo dei grandi maestri, con tanto di mercato internazionale pronto ad accoglierla.
Ritratto di Edmond de Belamy, un opera d’arte realizzata da un intelligenza artificiale e venduta a 432mila dollari
Prova ne è il risultato della straordinaria vendita: la prima opera d’arte concepita da un algoritmo, partita da una stima tra i 7 e i 10mila dollari, ha sbancato.
LINEAMENTI confusi e profili sfumati, la stampa su tela impreziosita da cornice dorata, ricorda un quadro del tardo Rinascimento, con richiami agli olandesi del Secolo d’Oro. Si tratta invece del risultato di un incrocio di informazioni su 15mila opere spalmate in un arco temporale di sette secoli (dal XIV al XX), inserite dal collettivo francese Obvious – uno studente di intelligenza artificiale e due laureati in finanza –, trasformate in immagini dalla fantasia di un computer. I tre venticinquenni amici di infanzia, nessuno dei quali con esperienze artistiche alle spalle, hanno archiviato i dati per generare l’algoritmo matematico.
Lui, a sua volta, ha creato un gruppo di 11 ritratti di un’immaginaria famiglia, compreso quello di Edmond de Belamy messo all’asta accanto a lavori di Andy Warhol, Keith Haring, Marc Chagall, Picasso. E chissà se questi geni assoluti si sarebbero mai immaginati di avere come rivale un’intelligenza sì, ma… artificiale.
Si tratta di qualcosa di assolutamente sorprendente ma che, allo stesso tempo è estremamente inquietante, una macchina che crea dal nulla un opera d’arte può effettivamente spaventare, ma, vanno fatte alcune precisazioni sull’effettiva capacità di questa macchina di creare.
La macchina non è cosciente e non è dotata di spirito di iniziativa, non ha deciso autonomamente di realizzare un ritratto per esprimere un qualcosa, ha realizzato un ritratto perché in fase di test, per verificare fino a che punto questa macchina, in tre mesi di studio, fosse riuscita a padroneggiare le tecniche degli artisti esaminati, e il risultato di questa verifica, di questo comando dato dall’uomo, è stato questo ritratto.
Da questo punto di vista quindi, non c’è nulla da temere, l’era delle macchine in cui queste saranno in grado di pensare autonomamente è ancora molto lontana, per ora le intelligenze artificiali continuano si limitano a rispondere alle domande che vengono poste loro ed eseguire i comandi e richieste fatti dall’uomo, dagli utenti, muovendosi nei limiti prefissati dagli sviluppatori.
Quando una IA che ha il compito di verificare la presenza di ingredienti e cibo nel nostro frigorifero e realizzare liste della spesa oppure ordinare ciò che manca, ci invierà un dipinto in cui siamo raffigurati, in quel caso forse dovremmo effettivamente iniziare a preoccuparci, ma al momento, siamo ancora molto lontani. La IA che ha realizzato questo dipinto non lo ha fatto per esprimere se stessa, non lo ha fatto per comunicare sentimenti ed emozioni, lo ha fatto perché gli è stato chiesto di farlo, applicando in maniera meccanica alcune delle tecniche apprese e registrate nel proprio codice, la macchina ha semplicemente emulato quello che dovrebbe essere il risultato finale della tecnica appresa, in questo caso, ha emulato la creazione di un ritratto, ed ha potuto farlo perché il suo codice lo prevede.
Ciò che ha fatto non è molto diverso dalla funzione “raccontami una barzelletta” dei vari assistenti vocali, Google Assistant, Siri, Bixbi, Cortana ed Alexa, attualmente presenti sul mercato.
Se chiedi allo smartphone di raccontare una barzelletta e lui la racconta, questo non significa che lo smartphone sia dotato di senso dell’umorismo, significa semplicemente che, nel suo codice sa cos’è una barzelletta e quando richiesto fa una ricerca sul web e ne racconta una selezionata casualmente.