Ecco il passaggio dell’intervento del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, sulla Terra dei Fuochi:
“La bellezza della natura, il lavoro plurisecolare dell’uomo hanno fatto del paesaggio agricolo del nostro Paese qualcosa di inimitabile, con esempi di alto equilibrio tra coltivazione del suolo e salvaguardia ambientale. I grandi scenari di altri Paesi ci propongono, egualmente, esempi di questo tipo.
Di contro, si presenta la drammatica situazione di uno sfruttamento cinico, e senza futuro, di aree importanti: penso, anzitutto, alla Terra dei Fuochi, emblema del degrado.
Il contesto in cui si svolge Expo 2015 è certamente unico e costituisce elemento di un’accoglienza italiana che contestualizza nell’ambiente (sia rurale sia urbano), un patrimonio artistico senza eguali al mondo. L’orgoglio di poter proporre tutto questo, unito alla cultura del cibo, che ha trovato, in Italia, espressioni di alto livello, rappresenta uno stile di vita che è espressione culturale, messaggio permanente, elemento attrattivo non certo secondario dei flussi di visitatori del nostro Paese.
Motore di tutto questo è il saper fare. Vale a dire, come ho ricordato poc’anzi, la messa in rete dei saperi e delle capacità imprenditoriali, di ricerca, di applicazione, delle diverse filiere nelle quali si articola la ricchezza di talenti italiani. Tutto questo unito al gusto dell’innovazione.
L’immagine dell’Italia che viene sovente proposta è quella di un Paese di sommi cesellatori. In altri termini, chiamati a lavorare sul lavoro altrui, capaci di perfezionarlo. Non è adeguata.
La cultura plurisecolare che si è sedimentata in Italia non è soltanto questo ma, specie in ambito artistico, si è caratterizzata per il coraggio della discontinuità, dunque dell’invenzione, della progettazione ex-novo, della ricerca oltre i confini conosciuti, con esempi di grande interesse anche qui a Firenze, come ha ricordato il Sindaco Nardella.
E, con il coraggio della discontinuità, forse è il caso di non ritrarsi di fronte alle innovazioni anche radicali, ma di pensare ad esse come necessità di guardare al futuro con nuovi criteri, senza la nostalgia di esperienze ormai usurate.
L’ambizione alla quale è legittimo aspirare è quella che la somma di condizioni, e le esperienze, che si accumuleranno con l’Expo, possano rappresentare un modello a livello internazionale di buone pratiche. Incluse, all’indomani della chiusura dell’evento, quelle relative all’utilizzo di aree, infrastrutture, saperi e professionalità maturate. Un appuntamento al quale occorrerà prepararsi con analoga intelligenza e impegno.
Il vivaio – la quarta parola chiave – è parte di tutto questo: un’esperienza feconda che dissemina in tutto il tessuto effetti benefici, destinati a riprodursi nel tempo.
Per questo la sfida è importante.
Se il risultato, come tutto sembra indicare, sarà positivo, ad avvantaggiarsene sarà il capitale sociale del Paese, bene collettivo, che ne uscirà arricchito non soltanto nella dimensione infrastrutturale ma in quella, ancora più rilevante, della creazione dei saperi”.