Racconta Pino Aprile nel suo ultimo libro, “Carnefici”:

 

“Esterminio” scrisse qualcuno, sulla copertina della copia di Cronaca degli avvenimenti di Sicilia, da aprile 1860 a marzo 1861, estratta da documenti, pubblicata in Italia nel 1863, e donata all’università di Harvard, nel marzo 1903, da George von Lengerke Meyer, appassionato di storia e collezionista di documenti, che fu ambasciatore degli Stati Uniti in Italia, dal 1900 al 1905, in ottimi rapporti con Vittorio Emanuele III di Savoia (il re che aprì le porte al fascismo e
firmò le leggi razziali antisemite).

E veniamo ai numeri.

Al Sud, secondo i vari raffronti, mancano da almeno 120.000 a 652.000 persone, forse di più, solo da metà del 1860 al 1861: cifre corrispondenti a una quota degli abitanti del Sud continentale, allora, che va dal 2 a più del 9 per cento. Gli stessi compilatori del censimento, per dire, non sanno come spiegare la sparizione di 405.000 persone, di cui 105.000 meridionali (tutti maschi); e, pochi anni più tardi, si faranno solo confuse e deboli ipotesi sull’assenza di altre 110.000 (tutti maschi, tutti giovani).
La possibilità di controllare questi dati non c’è più: le carte originali del censimento, ops!, sono sparite. Come, non si sa; e figuratevi sapere perché. Chi ha fatto queste verifiche in un secolo e mezzo? Nessuno.

Quando il Piemonte lo invase, il Regno delle Due Sicilie aveva 7.177.000 abitanti, sommandoli dai registri anagrafici, Comune per Comune (da altri documenti, risulta un numero persino maggiore). Dopo poco più di un anno di guerra, al famoso (o famigerato) censimento del 1861, gli abitanti del Sud continentale risultarono essere 6.787.000. Che fine hanno fatto i meridionali che mancano all’appello? La tesi del libro di Pino Aprile è che siano stati trucidati, uccisi, in nome di una unità che si è trasformata in una barbarie.