di Oscar Nicodemo

Un dramma luttuoso, come quello avvenuto tra Andria e Corato, dopo la pietas che si deve alla morte, reclama riflessioni inflessibili, anche ai limiti della durezza, ma rispettose del dolore di coloro che vivono il tragico evento direttamente, in prima persona, avendo perso su quel treno delle persone care. Evitare, dunque, di speculare scriteriatamente su una disgrazia tanto rattristante quanto anacronistica dovrebbe essere la regola per chiunque si accingesse a scriverne o a parlarne.

Credo vi sia stata una domanda, che prima delle altre, ci si è posti di fronte alla notizia. Come mai, ancora oggi, nel 2016, si può perdere la vita prendendo un treno? Tutti noi sappiamo che le tecnologie di sicurezza per quanto riguarda questo mezzo di trasporto sono avanzatissime, e di banali dispositivi pensati per bloccare un treno che non abbia rispettato le modalità inerenti al suo tragitto si fa uso da tempo, non solo nei paesi più avanzati. Perché non sui treni del Sud, a maggior ragione su quelli che percorrono tratte ferroviarie ad alta densità di pendolari e a binario unico? Se, come pare vero, tra Sblocca Italia e Legge di Stabilità il governo ha dato risorse alle ferrovie statali per quasi 5 miliardi di euro (4.859.000) non si comprende perché mai ben 984.799 milioni siano stati stanziati da Firenze in su e solo 60 milioni a Sud di Firenze? L’1,2 % della spesa nazionale in ambito ferroviario da destinare all’area del paese che ha maggiori ed impellenti priorità rispetto a quella che si becca il 98,8% resta l’assurdità, che più di tutte, dà conto dello squilibrio di una strategia politica non unitaria.

Lungo il binario unico del Meridione d’Italia corre non solo la morte, l’esistenza a rischio dei lavoratori e degli studenti, la speranza disattesa di gente tante volte ingannata, ma anche la capacità di sopportazione di un dolore popolare che viene inflitto dal fallimento di una classe dirigente inidonea. Lungo quel binario, ora, al di là della solidarietà di facciata del rito funebre, si misurerà l’attitudine della politica a essere concretamente e universalmente utile, leale, risolutiva.

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