Da Cronaca degli avvenimenti di Sicilia da’ 4 aprile a’ principii d’agosto 1860, estratta da documenti, Italia 1863.
«Da’ documenti raccolti in questa cronaca si ha il destro di giudicare la condotta de’ duci dello esercito napolitano a fronte dell’invasione garibaldina, senza che vi fosse mestieri di aggiungere altro. Molte voci però sono corse a carico di alcuni di essi per corruzione e tradimento. La stampa contemporanea ha divulgato un incidente d’importanza sul conto del generale Landi, che per l’ignavia del combattimento di Calatafimi può risguardarsi come una delle prime cagioni de’ disastri delle regie truppe. Ad onore delle quali soltanto, e non per ingiuriare alle ceneri di un estinto, si riporta qui il fatto, com’è narrato in alcuni giornali italiani. “Il Generale Landi a Calatafimi tenne indietro prudentemente il grosso delle truppe napoletane rimaste inerti, ed oppose a Garibaldi qualche compagnia di cacciatori, i quali si batterono valorosamente; ma erano due contro dieci e dovettero cedere. Non è ben chiaro quali altre simili imprese compisse il Landi a difesa del suo sovrano; ma poco appresso egli sparve dalla scena, e non si sarebbe più parlato di lui, se in fine la giustizia di Dio non lo avesse colto in modo meraviglioso. In marzo 1861, un famiglio si presenta al pubblico Banco di Napoli per riscuotere il pagamento di cartelle pel valore di sedicimila ducati. Fu fatto il rifiuto di pagare somma così rilevante ad un famiglio, che confessava quella non essere roba sua, ed anche sorgevano sospetti sull’autenticità di quelle carte bancarie. Dovette presentarsi il padrone: era il generale Landi. Fu richiesto dire onde le avesse ricevute: egli ricusò sdegnosamente. Allora gli fu significato, doversi assoggettare a giudizio penale, perché oramai si faceva chiaro, che quelle cartelle erano false. Per sottrarsi dal carcere, e dalla pena di falsario, il mistero dovette confessare averle ricevute da Garibaldi in ricompensa de’ servizi prestatigli in Sicilia. Poco appresso trafitto d’onta e di cordoglio, l’infelice si morì. Il tradimento era stato degnamente pagato».