LA SFIDA INTERNA AL PAESE ED AL PARTITO:

STATO CONTRO REGIONI , RENZI CONTRO EMILIANO

 

Passata la sbornia dell’esito del Referendum del 17 aprile nel quale non è stato raggiunto il quorum necessario per la convalida della consultazione popolare sono diversi i segnali che si possono percepire:

Innanzi tutto, si rileva come gli italiani preferiscano andare al mare, o in montagna, o allo stadio, o al centro commerciale o perfino sul divano di casa piuttosto che investire mezz’ora della Santa domenica per esprimere la propria personale opinione e partecipare alla vita attiva della cosa pubblica.

È vero, gran parte degli astensionisti parteggiavano per il No e dunque, (anche su indicazione del Capo del governo) il loro comportamento può (seppur forzatamente) rientrare nell’ambito di una strategia politica volta al mancato raggiungimento del quorum. Non può tuttavia essere dimenticata la circostanza che, in Italia, il più importante ed ampio partito politico è proprio quello degli astensionisti, visto che ad ogni tornata elettorale stacca di gran lunga tutti gli altri competitor assestandosi all’impressionante cifra del 35/40%.

Da questo punto di vista bisogna ammettere che fanno davvero sorridere le dichiarazioni di un premier che si è affacciato sul panorama nazionale prefissandosi l’obiettivo di diventare il portavoce dei non-votanti e che arriva al punto di cantar vittoria di fronte al 70% di diserzione dei seggi: “il governo non si annovera nella categoria dei vincitori… ma gli sconfitti sono quei pochi, pochissimi consiglieri regionali e qualche presidente di Regione che ha voluto cavalcare un referendum per esigenze personali politiche”.

È proprio vero che quando non si vota vince sempre lui.

Ma oggi in casa PD si prospetta una scissione che neanche in “Gomorra La Serie”, una rottura antiromantica alla Totti e Spalletti, un sfida senza esclusioni di colpi come quella intrapresa da Jean-Claude Van Damme nell’omonimo film, con l’ agguerritissimo Governatore della Puglia Michele Emiliano sempre più leader di una minoranza onesta e competente che è riuscita a portare 15 milioni di persone ai seggi infischiandonsene altamente dei diktat del segretario del suo partito.

Ma quella che è in atto è un qualcosa di più di una semplice bega interna ad un partito, anzi al partito (ormai unico).

Quella che è in atto è una lotta di potere tra le diverse istituzioni del paese: Stato contro Regioni e questa non rappresenta altro che la prima puntata di una lunga seie. La sfida è ancora tutta da giocare.

Non a caso la riforma costituzionale del Ministro Boschi punta, tramite la modifica dell’ articolo 117 della Costituzione e far rientrare un numero non indifferente di materie oggi di competenza regionale ed in alcuni casi di competenza concorrente, nell’area della competenza esclusiva dello Stato a discapito delle Regioni. E tra queste spiccano ambiente, gestione dei porti e degli aeroporti nonché la politica energetica.

Una sorta di neo-accentramento che si scontra a muso duro con le reali istanze dei cittadini e le loro esigenze di tutela, specialmente degli ultimi tempi.

Per non parlare poi, della sfida delle amministrative di giugno che si prospettano perlomeno complicate per i candidati renziani e che rischiano di rivelarsi una seria batosta.

In definitiva, se è vero che Renzi anche questa volta ha (non) vinto le consultazioni, è altrettanto vero che la figura di Emiliano ne viene fuori rafforzata, non può più essere considerato “il Governatore che voleva fare la conta” anche perché la conta, così detta, tocca la strabiliante quota di 15 milioni di unità: più che i Salvini o i 5 stelle orfani di Casaleggio, che sia lui, in futuro, il vero antagonista del premier sul quale puntare?

Romano Milletarì

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