“Lockarmi e curarmi con te” di Zairo Ferrante, Bertoni Editore 2022
Zairo Ferrante ha il merito di mettere in versi ciò che di sublime e infimo caratterizza la professione di radiologo, che nello scritto mantiene forse l’unica affinità con la poesia.
“Lenta, scorre e si consuma, così è un pò la vita”. La sua possibilità di poesia, all’interno del movimento poetico del “dinanimismo” è quella di un “medico seduto in riva a un fosso sull’ orlo di una malattia”.
E’ la penna del radiologo che non vive la sua vita soltanto a firmare referti di diagnosi più o meno gravi, di condizioni di negatività o di somma urgenza; è la dimostrazione che la medicina non salva tutti e soprattutto non salva i medici.
“Un medico che curava, un uomo che parlava…e ricordo un’anima che guariva”
Un uomo e il suo lavoro, il suo amore, le sue passioni, ma soprattutto la sua umanità oltre ogni diagnosi; mette in versi quello che resta dopo la firma, l’invisibile sensibilità di un uomo di fronte ad un altro uomo che si affida a lui. “Faccio il dottore per guarire i ciliegi”.
Il poeta di oggi non è poeta di professione, è piuttosto l’Uomo che vive di medicina e versi e ne fa un’unica religione, quella del sentire e del partecipare, quella che nessun software di ultima generazione può e potrà sostituire.
La “poetica del Tu” è per Ferrante un distacco che si fa contatto e che umanizza ciò che agli occhi di un paziente è un’esperienza fatta di luoghi e persone fredde e distanti.
“Come un radiologo cerco una risposta” è l’emblema di una professione che si fa ricerca di sé, mentre affronta un quotidiano complesso quale quello della pandemia da covid-19, in cui il senso della cura è forse l’ unica vera terapia perseguibile.
Una imprevedibile previsione tra normalità e pandemia è nella citazione delle “Lettere contro la guerra”, in cui questo ritorno alla normalità si rivela non una “nuova normalità” come spera il poeta , quanto piuttosto una nuova “anormalità”.
Scritta con intento diverso, questa frase di Ferrante diviene un appello e un augurio: “Quello che ci circonda non può e non deve essere controllato e sopraffatto”.
Graziella Di Grezia