La Fondazione Michelagnoli in collaborazione con la Camera di Commercio di Taranto ha celebrato la Giornata Europea del Mare 2022 per evidenziare il ruolo vitale dei mari e degli oceani per la nostra vita e per l’economia, mettendo in primo piano la cozza di Taranto.
È difficile per la gente comune capire la gravità degli impatti del cambiamento climatico finché le conseguenze del riscaldamento globale restano lontane dalla vita di tutti i giorni.
Non è così per i mitilicoltori che già da qualche tempo subiscono i danni delle ondate di calore che si presentano ormai con sempre maggiore frequenza e con picchi sempre più alti di temperatura che arriva a toccare i 32 gradi. A queste temperature le cozze cuociono nel loro guscio.
Un’analisi del settore è stata fatta da Luciano Carriero, presidente di Mitilicoltori Tarantini nel seminario “La molluschicoltura in un mare che cambia. Impatto dei cambiamenti climatici”.
“Nel 2011 il settore della mitilicoltura è stato azzerato e già per il fatto che ci siamo ancora e ancora esistiamo, ci dovevano dare una medaglia a noi mitilicoltori, perché abbiamo superato una cattiva pubblicità e la distruzione del prodotto” ha riferito.
Centinaia di cooperative sono state chiuse. Tutti gli abusivi di oggi, sono le cooperative in regola dal 2011 che non hanno avuto la possibilità di fare diversamente. Persone che sono state costrette a scegliere tra il sostenere la propria famiglia o pagare le tasse, tenendo presente che tutte queste cooperative sono state messe in liquidazione.
“Quindi abbiamo vissuto tutto questo travaglio superandolo, non guardiamo indietro ma avanti, anche se molta gente dimentica quello che abbiamo dovuto superare ed è facile chiamare abusiva una categoria. Io in particolare nel 2019 ho chiamato tutti mitilicoltori che risultavano abusivi ed abbiamo costituito una cooperativa costituita da 26 produttori”. Si tratta della Soc Coop Mitilicoltori Tarantini, in cui si sta regolarizzando la posizione di ognuno, proprio per dare dignità a queste famiglie perché vivono in un settore storico della città di Taranto.
La città non è conosciuta per l’Ilva, ma è conosciuta per la cozza tarantina, secondo il presidente Carriero, in qualsiasi parte del mondo senza aver speso un centesimo di pubblicità sanno cos’è, quindi vuol dire che il prodotto è di altissima qualità.
“Noi in questo momento storico stiamo patendo anche l’immissione nei nostri mari, di cozze provenienti dall’estero. Alcuni ex produttori che in realtà sono dei commercianti, usano il nostro mare come se fosse un deposito. Questo non deve essere più possibile perché da una relazione tecnico scientifica del CNR addirittura rischiamo di perdere l’unicità della cozza tarantina se non viene fermata quest’operazione, o almeno limitata o regolarizzata, perché – ha continuato Carriero – noi non è che ce l’abbiamo con i commercianti, visto che dobbiamo lavorare tutti, però per ciò che avviene è solo questione di tempo e la mitilicoltura scomparirà”.
Ha sottolineato che Taranto è diventata il deposito della Grecia. Prendono tutto il prodotto della Grecia, lo fanno stazionare qualche giorno nel nostro mare, poi viene confezionato da aziende tarantine non sappiamo con che etichetta e cosa ci scrivono su, traendo in inganno il consumatore.
Pertanto ha fatto osservare l’importanza dei marchi per dare, come mitilicoltori, dignità e identità alla cozza tarantina, almeno per il secondo seno del mar Piccolo che è super controllato.
In questo momento la cozza tarantina proprio per i problemi ambientali che possono esserci è sorvegliata speciale e di continuo dell’Asl, dell’Arpa.
Vengono effettuate centinaia di analisi l’anno quindi mai come oggi, è sicuro mangiarla, anche se si diffonde più rapidamente una brutta notizia, come quando qualcuno dice che sono inquinate piuttosto che la buona, cioè che trattasi di un prodotto sicuro e buono da mangiare.
Per questo i miticoltori tarantini chiedono alla regione di fare pubblicità con dei progetti e di sponsorizzare a livello nazionale, la cozza tarantina.
Per quanto riguarda la cozza “Niedditas” della Sardegna, di Olbia, quelle di La Spezia, di Trieste, si tratta di mitilicoltori tarantini che hanno esportato la cozza in quelle zone. E molte persone d’estate trovandosi a La Spezia, o in Sardegna apprezzando la bontà delle cozze, in realtà spesso stanno mangiando la cozza tarantina e non lo sanno. Il 70% di cozze tarantine, secondo Carriero, viene caricato sui bilici e portato a La Spezia.
E la pubblicità della Niedditas sarda, non si deve all’azione dei produttori, ma a quella della regione che gli sta dietro. Quindi è la politica che crede nel settore per cui quando è in crisi, è la regione Sardegna che fa sovvenzioni, mentre a Taranto le fanno per l’Ilva.
“A noi ci hanno abbandonato, quando l’Ilva è in difficoltà subito interviene lo Stato. Noi mitilicoltori a Taranto dal 2011 siamo stati lasciati soli quindi chiediamo col cuore in mano a chi ha la responsabilità, di aiutare questo settore perché è un settore importante per Taranto” ha concluso.
E speriamo che la nuova dirigenza del comune e la Regione Puglia, prendano a cuore questo che è un asset rappresentativo della città e della categoria, affinché si possa dare nuovo slancio al settore e difenderlo oltre che cautelarlo dai fenomeni enunciati.
Vito Piepoli