Non siamo borbonici. Non sogniamo il ritorno della monarchia. Ma ci sono storie che la storia ufficiale non racconta. La storia di una vera e propria guerra civile durata dieci anni e che ha segnato profondamente il nostro Paese subito dopo l’Unità. All’epoca, i vincitori, la liquidarono come una storia di “briganti”, la lotta contro l’invasore borbonico ridotta a una vicenda di ladrocini e saccheggi. Come se il Sud non fosse in grado di esprimere una propria identità e un proprio progetto politico. In questi post vogliamo, invece, ricordare le vicende e le storie di una vera e propria guerra, che ha visto un popolo sconfitto e un altro dominatore. La storia la scrivono i vinti. Ma agli storici e ai giornalisti spetta il compito di ricordare e valutare. Solo così si recupera la memoria storica di una nazione. E, soprattutto, si può evitare di rifare gli stessi errori del passato.
La maggioranza dei soldati e degli ufficiali restò con il re, a differenza della marina (solo un paio di capitani di nave, Roberto Pasca e Vincenzo Criscuolo, lo seguirono con gli equipaggi). Rodrigo Afan de Rivera, Giovanni Rodriguez, Raffaele d’Aragona, Giuseppe Ruggiero, Raffaele Niola, Francesco Milon, il principe di Ruffano Nicola Brancaccio, il comandante delle truppe estere
Agostino de Riedmatten, quello della fortezza di Capua Raffaele de Corné consentirono a Francesco II di continuare la resistenza. Altri anziani ufficiali, Emanuele Caracciolo di San Vito, Francesco Ferrari, Raimondo de Sangro e Francesco Traversa, saranno protagonisti della difesa di Gaeta, dove morirono. Antonio Nunziante era un esempio, scriverà tempo dopo il questore di Napoli Nicola Amore, visto che rifiutò sempre tutte le offerte degli unitari e non aveva «alcun ritegno a biasimare con virulenza la condotta del proprio fratello Alessandro, e di apporgli pubblicamente la taccia di traditore».
L’esercito della resistenza
Il 12 settembre l’esercito fu affidato al generale Giosuè Ritucci. L’armata di operazioni contava su 4 divisioni e 36.000 uomini, altri 16.000 erano tra Gaeta e Capua, circa 5.000 nelle fortezze assediate, Siracusa (che però si arrese poco dopo) e Messina in Sicilia, Civitella del Tronto in Abruzzo, nel Teramano. Fino a quel momento le perdite non avevano superato i 4.000 uomini, conservando operativi forse l’80% degli ufficiali e il 75% della truppa55. L’esercito borbonico, il 19 settembre, aveva ottenuto il primo successo della campagna sui garibaldini, a Caiazzo.