In dieci anni la spesa pubblica italiana dedicata all’istruzione, già di per sé l’80% di quella destinata dagli altri Paesi Ocse, è scesa del 10%, in controtendenza all’aumento seppur modesto del 3% registrato sempre negli altri Paesi, così da abbassarsi al 67% rispetto a livelli intermedi. Lo riferisce l’Anief precisando che se nel 2000 già l’Italia spendeva -2,8% della sua spesa pubblica rispetto alla media Ocse (Italia 9,8% – Ocse 12,6%), dieci anni dopo si ritrova in controtendenza sempre all’ultimo posto persino tra i Paesi G20 (32° posto) con un -4,1% (Italia 8,9% – Ocse 13,0%). Né la situazione è migliorata in rapporto al P.I.L., – 0,9% nel 2000 (Italia 4,5% – Ocse 5,4%) e -1,6% nel 2010 (Italia 4,7% – Ocse 6,3%), dove ci siamo ritrovati collocati al terzultimo posto (31°). Ora, se guardiamo solo all’Unione Europea siamo diventati buoni ultimi.

”Quel che fa rabbia – spiega Marcello Pacifico, presidente Anief e segretario confederale Cisal – è che abbiamo raggiunto questa dimensione vergognosa, nonostante la Legge 190/2014 abbia stanziato 3 miliardi per la scuola e l’università per il triennio successivo: in realtà, per lo Stato non si è trattato di spendere nulla, perché quei soldi sono stati finanziati da ulteriori tagli”. “Come Anief ha ampiamente denunciato, – continua – vale per tutti quel decreto interministeriale Miur-Mef del giugno 2014, che ha introdotto la nuova dotazione organica del personale Ata per l’anno scolastico 2014/15, che aveva a sua volta recepito la riduzione del 17% della consistenza numerica determinata per il 2007/08 (applicando la Legge 133/2008): il testo del decreto stabiliva che i criteri di individuazione del contingente Ata si sarebbero dovuti ridefinire periodicamente, sempre dal Miur, di concerto con il Mef, previo accordo con la Conferenza unificata delle Regioni incaricata del dimensionamento scolastico”