Per alcuni attori economici la deflazione è iniziata da oltre un anno. Le imprese di tutti gli stati appartenenti all’area Euro, ad esclusione di Malta e Lettonia, stanno infatti assistendo ad una contrazione dei prezzi alla produzione pressoché ininterrotta da 12 mesi, sebbene il fenomeno abbia intensità diverse. E’ quanto emerge da uno studio condotto dall’Area Research di Banca Monte dei Paschi di Siena.
Il balzo dell’inflazione registrato ad aprile ha fatto tirare un sospiro di sollievo agli operatori di mercato ma soprattutto alla Bce che, intenta per anni a combattere l’inflazione, ha iniziato a temere l’opposto ovvero che i prezzi iniziassero a scendere su base tendenziale e che quindi l’Europa intera potesse cadere in una trappola della liquidità come è stato per il Giappone durante la grande deflazione degli anni ‘90. Purtroppo le autorità non possono ancora cantare vittoria sia perché si è trattato di un rimbalzo modestissimo dell’indice dei prezzi al consumo, sia perché il pericolo deflazione è tutt’altro che scongiurato.
La contrazione dei prezzi alla produzione si è aggravata nell’ultimo trimestre. A marzo 2014 i prezzi sono scesi di un ulteriore 0,7% rispetto a dicembre. A questo si accompagna un’inflazione dei prezzi al consumo che, sebbene eroda il salario reale dei consumatori riducendone il potere di acquisto, rischia di gettare ulteriori pressioni sui costi d’impresa.
L’Italia è tra i paesi che, nell’ultimo anno, ha subito maggiormente la flessione dei prezzi alla produzione (-1,9% a/a a marzo 2014), non va meglio per la Francia (-2,1% a/a) ma anche la Germania, seppur in misura minore sta attraversando una situazione analoga (-0,8%). In Spagna, dove la contrazione dei prezzi alla produzione nell’ultimo anno è stata più contenuta (-1,2%), si sta assistendo ad una sensibile accelerazione del calo dei prezzi alla produzione (-1,9% a marzo rispetto a dicembre 2013). La deflazione dei prezzi alla produzione significa per le aziende un maggiore onere del loro debito, ovvero tanto maggiori sono le pressioni al ribasso sui prezzi e tanto più difficoltoso diviene per le aziende onorare i propri impegni. Questo vale per tutte le aziende dei paesi che stanno assistendo ad una contrazione dei prezzi alla produzione ma il fenomeno è ancora più rilevante per quelle con un maggior grado di indebitamento, soprattutto se accompagnato da un ridimensionamento del credito bancario. Analizzando i principali paesi dell’area, le imprese italiane sono tra le più esposte ai rischi della deflazione.
Nel 2012 secondo i dati di banca d’Italia il leverage delle imprese italiane ammontava al 48% rispetto al 34,1% della Francia, al 42% della Germania e al 47,3% della Spagna e al 41,5% della media dell’area Euro. La situazione debitoria delle piccole e medie imprese italiane a marzo 2014 faceva registrare, secondo l’indagine condotta dalla Bce, un ulteriore deterioramento muovendosi in totale controtendenza rispetto a tutti gli altri paesi dell’area Euro. Se alla contrazione dei prezzi alla produzione e all’elevato indebitamento delle aziende si unisce un difficile accesso al credito la situazione rischia di divenire insostenibile. Ancora una volta, in un confronto europeo, anche a causa della forte incidenza di PMI, l’Italia ne esce svantaggiata.
Nell’ultimo anno in Italia le erogazioni alle aziende non finanziarie si sono contratte del 6,2% a/a, rispetto al -1,4% a/a della Germania e al -1,7% a/a della Francia. Solo la Spagna, tra i paesi maggiori, fa peggio. Sempre secondo l’indagine della Bce, sarebbero proprio le imprese italiane, insieme a quelle francesi, ad aver contribuito maggiormente all’aumento della domanda di prestiti e di fidi bancari al fine di bilanciare il calo dei profitti e la contrazione della liquidità. Insomma la situazione è chiara: le aziende di tutti i paesi europei stanno assistendo ormai da un anno ad una deflazione che ne condiziona la profittabilità e la solvibilità. Non è detto che la Bce non ne tenga conto nelle prossime riunioni.