Il ministro dell'economia Giovanni TriaIl ministro dell'economia Giovanni Tria

Pensioni, un’uscita «chiede» 5 addetti
(il sole 24 Ore)
In attesa della manovra la spesa previdenziale continua ad aumentare. Il cantiere previdenziale non chiude mai. Nelle modifiche che il governo gialloverde sta studiando in vista della prossima manovra sotto la spinta della Lega riaffiora il sistema della “quote”, dieci anni dopo la loro “prima volta” nel panorama previdenziale italiano. Dal 1° gennaio 2019, se l’operazione «superamento della riforma Fornero» andrà in porto, si potrà andare in pensione con «quota 100» e 62 anni di età, solo tre punti in più rispetto a «quota 95-97» con cui Damiano nel 2008 aveva cancellato lo «scalone Maroni» voluto 4 anni prima. Il costo non sarà basso e a pagarlo saranno in primis i contributi dei lavoratori: ne serviranno 5 per pagare ogni nuova anzianità. Il tema va maneggiato con attenzione, visto il livello della spesa previdenziale, pari al 15% del Pil nonostante le grandi riforme degli anni 90 e il passaggio definitivo al calcolo contributivo del 2011. E continua a crescere. Secondo la Ragioneria generale, tra il 2018 e il 2021, il solo adeguamento degli assegni all’inflazione e le nuove decorrenze porteranno il conto a 22 miliardi.

 Le aziende pagheranno le pensioni anticipate con i fondi di solidarietà
(La stampa)
Per abbassare l’età pensionabile degli italiani a sessantadue anni i soldi non ci sono. Finanziare l’ormai famosa «quota cento», ovvero la somma di requisiti anagrafici e contributivi costerebbe quasi metà dell’ammontare della manovra per il 2019. Ecco perché il governo sta cercando una soluzione che permetta di far pagare una parte dei costi alle aziende. «Stiamo lavorando sui fondi di solidarietà ed esubero che potrebbero dare una mano a tutto il sistema», dice Alberto Brambilla, colui al quale Matteo Salvini ha dato l’incarico di studiare una soluzione. Il modello è quello già utilizzato per la ristrutturazione del settore bancario. Se un’impresa vuole mandare in pensione un lavoratore prima che abbia maturato i requisiti previsti dalla legge, firma un accordo – individuale o collettivo – e paga il prepensionamento attraverso fondi alimentati anche da un contributo obbligatorio del lavoratore in busta paga. Non si tratta comunque di soluzioni a costo zero per lo Stato: nel caso delle banche lo Stato ha contribuito complessivamente per circa un miliardo. C’è di più: sono pochissimi i settori nei quali il fondo esuberi è in grado di farsi carico dell’uscita di migliaia di persone. Per ovviare al problema le strade che il governo sta pensando di percorrere sono due. La prima: l’utilizzo dei fondi per la formazione continua, che spesso giacciono inutilizzati per i corsi di aggiornamento nelle aziende. La seconda strada è quella di finanziare con fondi pubblici l’allargamento (non solo lo smontaggio) dell’articolo quattro della legge Fornero, il quale già oggi consente alle aziende – se disposte a farsi carico per intero dell’uscita – di pensionare anticipatamente un lavoratore 7 anni prima dell’età prevista dalla legge.

Pensioni, in arrivo altri tagli per finanziare «quota 100»
(Il giornale)
E’ancora caccia alle risorse per far quadrare i conti della Legge di Bilancio 2019. Ieri è stata una giornata caratterizzata dal botta e risposta tra i vicepremier Salvini e Di Maio su reddito di cittadinanza e flat tax, ma gli sforzi del ministero dell’Economia sono ancora concentrati sulle coperture. Ad esempio quelle necessarie a finanziare la riforma delle pensioni firmata da Elsa Fornero e Mario Monti. La Lega punta molto sulla proposta che comprende quota 100 (dalla somma degli anni di contribuzione e dell’età) e il limite per il ritiro a 62 anni. Ma i costi sono enormi e al momento il capitolo pensioni, alla voce entrate, può contare solo su pochi milioni garantiti dal taglio delle pensioni d’oro. Per questo si parla di soluzioni tecniche che garantirebbero fino a tre miliardi di euro. Cifra di tutto rispetto, che non può essere trovata con qualche intervento da fare tra le pieghe del bilancio dello Stato. Bocche cucite al governo su quali interventi si nascondano dietro quella cifra. Facile che si tratti di un mix di nuove entrate (ad esempio contributi più cari) e da tagli ad alcuni sussidi. Si sa già che la prossima legge di Bilancio metterà mano a tutte le misure di sostegno al reddito oggi in vigore. Sono percepite da circa 900mila persone, concentrate per lo più al Sud. Si va dalle misure riformate recentemente come il Rei agli assegni per le famiglie numerose al bonus bebè. Ma è più probabile che le risorse tagliate a queste misure vadano a coprire i costi considerevoli del reddito di cittadinanza. Oggi i leader della maggioranza e i ministri economici si riuniranno per fare il punto.