L’aveva detto due anni fa, il siciliano Vito Varvaro, che nell’isola «la più grande carenza è il management». Il presidente della Cantine Settesoli, uno dei più grandi produttori vinicoli d’Italia, si riferiva in un’intervista ai manager in grado di gestire le aziende private, che in Sicilia a suo dire scarseggiano. Varvaro è l’ex amministratore delegato per l’Italia della multinazionale americana Procter&Gamble, siede nel consiglio della Piaggio ed è stato consigliere di Tod’s, Bulgari, Marcolin e Bialetti. Dunque ne ha viste di tutti i colori, ma di sicuro non gli era mai capitato di non riuscire a versare dei soldi allo Stato, perché lo Stato a cui li offre non li vuole. Il che gli ha consentito anche di verificare come il problema del management privato in Sicilia sia niente, purtroppo, rispetto a quello di certa burocrazia pubblica.
Da quindici mesi Varvaro cerca inutilmente di sponsorizzare l’area archeologica di Selinunte, e ora siamo al punto in cui la spugna vola sul ring. La metafora pugilistica calza perfettamente al caso, perché altro non è stata che una lunga e inconcludente colluttazione nella quale non sono mancati risvolti kafkiani. L’ultimo: non sapendo come liberarsi dell’ostinato sponsor e dei suoi soldi, la Regione Siciliana ha sentenziato che non si può accettare una sponsorizzazione in mancanza di un regolamento regionale sulle sponsorizzazioni che sarà cura della Regione emanare. Quando, non è dato sapere.

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