«Da questa piazza ove difendo… l’indipendenza della Patria comune, … quando vedo i miei amatissimi sudditi in preda a tutti i mali della dominazione straniera… il mio cuore napoletano bolle d’indignazione nel mio petto…Io sono napoletano, nato tra voi, non ho respirato un’altra aria, non ho visto altri paesi, non conosco altro suolo che il suolo natale. Tutte le mie affezioni sono nel Regno; i vostri costumi sono i miei costumi, la vostra lingua è la mia lingua, le vostre ambizioni sono le mie ambizioni…II mondo intero l’ha visto; per non versare sangue, ho preferito rischiar la mia corona. I traditori, pagati dal nemico straniero, sedevano nel mio consiglio, a fianco dei miei fedeli servitori; nella sincerità del mio cuore, non potevo credere al tradimento…In mezzo a continue cospirazioni, non ho fatto versare una sola goccia di sangue, e si è accusata la mia condotta di debolezza. Se l’amore più tenero per i sudditi, se la confidenza naturale della gioventù nella onestà altrui; se l’orrore istintivo del sangue meritano tal nome, sì, io certo sono stato debole. …Ho preferito abbandonare Napoli, la mia cara capitale, senza essere cacciato per non esporla agli orrori d’un bombardamento, come quelli che hanno avuto luogo più tardi a Capua e ad Ancona. Ho creduto in buona fede che il re del Piemonte, che si diceva mio fratello e mio amico, che si protestava disapprovare l’invasione di Garibaldi, che negoziava col mio governo un’alleanza intima per i veri interessi dell’Italia, non avrebbe rotto tutti i trattati e violate tutte le leggi per invadere tutti i miei stati in piena pace, senza motivi né dichiarazioni di guerra le Due Sicilie sono state dichiarate provincie d’un regno lontano. Napoli e Palermo saranno governate da prefetti venuti da Torino»