«E’una situazione che non va sottovalutata e che merita la massima attenzione, non lo nascondo». Luciana Lamorgese è un ministro dell’Interno di pochissime parole e zero esternazioni via social. «Non ho tempo per Twitter, da qui passano tantissimi problemi al giorno», si limita a dire. Ed è già una rivoluzione copernicana rispetto al suo bulimico predecessore. E mentre la politica italiana si accapiglia su leggi elettorali, il futuro delle alleanze, quando votare e futilità simili, Lamorgese sta nel suo studio e lavora. In questi giorni si dedica a Foggia. Ieri, poi, una prima assoluta: un comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza, con i magistrati e i vertici delle forze di polizia, alla presenza del commissario straordinario anti-racket, il prefetto Porzio, e oltre 500 persone:studenti e professori, sindacalisti e imprenditori, l’associazionismo. Il prefetto, Raffaele Grassi, un super-poliziotto, uno tosto, ha lanciato un appello: «Dobbiamo fare un muro, eretto da tutte le componenti sociali, contro le organizzazioni mafiose. E venuto il momento di schierarsi nella lotta al crimine. Leghiamoci nella legalità». Il ministro approva: «Bellissimo». Ma a Foggia non possono bastare le belle parole. «Lo Stato – dice Luciana Lamorgese – farà la sua parte. Il 15 febbraio si inaugura una sezione operativa della Dia, la direzione investigativa antimafia. Saranno una ventina di investigatori. Intanto ho concordato con il Capo della polizia, il prefetto Gabrielli, che manderemo consistenti rinforzi nell’immediato, per accompagnare questa reazione e dare un segnale tangibile alla comunità con la presenza delle forze di polizia». L’arrivo della Dia in città è un passo importante per rafforzare il contrasto alla mafia in città e provincia.