Era malato ”in maniera grave e da tempo”. Ma ”nonostante questo non e’ stato curato”. Sono pesanti le accuse di Nobila Scafuro. Suo figlio, Federico Perna, 34 anni, e’ morto nel carcere di Poggioreale, a NAPOLI, lo scorso 8 novembre, e noi – dice la donna – ”non sappiamo perche”’. ”E’ stato assassinato dallo Stato due volte – sostiene ancora Nobila – quando non e’ stato curato, nonostante mio figlio dovesse avere un trapianto di fegato, e quando e’ stato picchiato in carcere”. Sara’ l’autopsia a confermare o meno tutte queste accuse. Intanto, oggi, il ministro della Giustizia, Annamaria Cancellieri, ha disposto una ”rigorosa indagine amministrativa interna”. ”Una bella soddisfazione – commenta Nobila – fino a ieri non avevo alcuna fiducia nella giustizia, oggi la fiducia mi e’ ritornata. Mi ha anche fatto arrivare le sue condoglianze”. L’ultima volta che ha visto suo figlio, e’ stata una settimana prima della sua morte. ”Aveva un livido sullo zigomo. Gli chiesi cosa era successo e lui mi rispose che era a causa di una sportellata. Poi un suo compagno lo invito’ a dirmi la verita’, gli disse ‘almeno a tua mamma racconta cosa e’ accaduto’ – dice la mamma di Federico – e lui ammise tutto”. Poi Federico e’ morto, ”l’abbiamo saputo da una lettera di un suo compagno di cella”. ”Non sappiamo nemmeno dove sia morto, perche’ le versioni sono diverse: ci dicono che e’ morto nell’infermeria del carcere di Poggioreale, di attacco cardiaco e senza la possibilita’ di essere salvato con il defibrillatore, poi ci dicono che e’ morto in ambulanza, poi ancora che e’ morto prima di essere caricato in ambulanza o addirittura in ospedale, e anche su questo ci hanno nominato piu’ di una struttura possibile”, aggiunge. Il corpo di suo figlio, morto, lo ha fotografato. Foto choc, diffuse in anteprima da Fanpage, ”che dimostrano che lui e’ stato picchiato”, accusa la mamma. ”Federico da dieci giorni prima della sua morte, quando tossiva, sputava sangue – continua Nobila – Non si reggeva in piedi, aveva bisogno di un trapianto di fegato ed era stato dichiarato incompatibile con la detenzione da due diversi rapporti clinici, stilati dei Dirigenti Sanitari delle carceri di Viterbo e NAPOLI Secondigliano. Eppure lo consideravano un soggetto pericoloso, eppure lo colpivano”. ”Mio figlio non era un santo, mio figlio ha sbagliato, ma questo non vuol dire che lo Stato non doveva curarlo. Federico non ritornera’ piu’ a casa, e’ in un loculo – dice ancora – Ma io chiedo la giustizia e la verita’ per tutti coloro che sono in carcere, per le matricole senza voce. Io attivero’ una fondazione per loro. Ma intanto possono scrivermi, possono raccontarmi le loro storie, denunciare le loro situazioni anche al mio legale Camillo Autieri di Latina. Lo Stato non puo’ uccidere i suoi detenuti. Lo Stato non puo’ e non deve”.