E’ il gap più vergognoso e intollerabile: quello della salute. Contraddice e sconfessa il diritto costituzionale dell’articolo 32, che garantisce a tutti gli italiani uguale diritto alla salute e cure gratuite per gli indigenti. Ma, soprattutto, va contro ai principi di uno Stato che deve garantire parità di trattamento a tutti i cittadini. E, invece, i dati di Osservasalute, certificano in maniera inequivocabile che il divario Nord-Sud si sta allargando non solo nell’economia ma anche nel diritto alla vita. Per la prima volta, in tempo di pace, assistiamo infatti ad una contrazione delle speranze di vita degli italiani. E, a vivere di meno, sono soprattutto i meridionali. Con la Campania che indossa la maglia più nera.

 

Le responsabilità? Non sono solo quelle delle cattive abitudini alimentari (nel Sud saremmo più obesi) ma soprattutto gli effetti di una devolution fortemente voluta dai governi a trazione leghista e mai sconfessata. Una devolution che, di fatto, ha dato di più alle regioni più ricche e di meno a quelle più povere, riducendo servizi essenziali come quello della sanità. I piani di rientro, il calo degli investimenti, il blocco del turn over (e una buona manciata di scandali e corruzione) hanno di fatto compromesso un settore chiave della nostra vita e della nostra società.

 

Prima del 2001, dicono gli studiosi, i cittadini della Repubblica potevano aspettarsi tutti più o meno la stessa vita media. Dal 2001, la forbice si va allargando. Chi stava bene è stato meglio; chi stava male, peggio. «Le più in difficoltà sono ancora le Regioni del Meridione e lo scenario è aggravato dalle ripercussioni della crisi economica principalmente sugli stili di vita e, quindi, sulla qualità di vita dei cittadini, soprattutto dei meno abbienti», scrivono Marta Marino e Alessandro Solipaca nella sintesi del rapporto sulle Regioni.

 

Il sistema sanitario nazionale, che molti ci invidiavano e sulla carta non abbandonava nessuno, è stato cancellato prima dalla regionalizzazione e dal saccheggio (infiniti gli scandali di questi tre lustri) e poi da una stretta economica che ha costretto le Regioni a piani di rientro durissimi. Sono proprio le Regioni in piano di rientro le più problematiche, anche secondo Osservasalute. L’allarme non è nuovo. Nel 2013 la Corte dei conti paventava sempre più «deficit assistenziali» al Sud. Due anni dopo la Società italiana di Pediatria ha rilevato che nel Meridione la mortalità infantile è più alta del 30 per cento rispetto al Nord. In un saggio degno d’attenzione, Paolo De Ioanna e Roberto Fantozzi hanno messo a punto tempo fa il concetto negativo di «indice di disuguaglianza»: lo stato di salute percepito dai cittadini in rapporto al sistema sanitario di appartenenza. Beh, Calabria, Puglia e Sicilia hanno l’indice più alto; Toscana, Emilia, Lombardia e Veneto, guidate dal solito Trentino-Alto Adige, il più basso.

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