Antonio Troise
Un popolo di santi, poeti, navigatori. E disoccupati. Restiamo di sasso a leggere le ultime cifre snocciolate dall’Eurostat, l’ufficio di statistica europeo, sul fronte del lavoro. Soprattutto quando scopriamo che il Sud e le isole, 20 milioni di anime, un terzo della popolazione italiana, ha più disoccupati di lunga durata dell’intera Germania, che di abitanti ne ha quattro volte tanti, 80 milioni. Ma c’è di più. Campania e Calabria, da sole, hanno gli stessi disoccupati dell’intero Regno Unito. Un vero e proprio record.
Certo, le cose vanno sicuramente meglio al Nord. Anzi, da questo punto di vista, la distanza che c’è fra il Nord-Est e il Mezzogiorno è la stessa che separa la Germania dalla Grecia. Il tasso di disoccupazione, nel Sud, è triplo. Così come il rischio di cadere in povertà. In pratica due Paesi in uno, con il divario più profondo e più antico dell’intero Occidente e con un effetto a cascata su tutte le statistiche che ci toccano da vicino e che ci portano sempre agli ultimi posti nella speciale classifica dell’economia. Siamo fanalino di coda, ad esempio, per la disoccupazione di lunga durata. Ma anche per la crescita economica. Per non parlare, poi, del debito pubblico: le nostre performances continuano a far suonare campanelli di allarme in Europa e sui mercati.
Ultimi per occupazione e sviluppo, ma primi per ricchezza accumulata e risparmio: da questo punto di vista non ci batte proprio nessuno, neanche i panzer tedeschi. Le nostre famiglie hanno un patrimonio fra i più solidi del mondo. Anche se, per il 50%, rappresentato dagli immobili.
Una contraddizione? No. Molto semplicemente, è il prezzo che gli italiani continuano a pagare in un Paese che si ritrova in panne da almeno vent’anni, che non offre prospettive di medio periodo e dove la recessione ha colpito più a fondo rispetto agli altri partner europei. Nel dopoguerra il risparmio è stato utilizzato per ricostruire un paese distrutto. Poi, negli anni del boom, ha dato slancio all’economia, proiettandoci nel ristretto club delle nazioni industrializzate. Nel 2019, le famiglie, risparmiano per la “paura” del futuro e per l’assenza di certezze nell’immediato. Unica differenza è che prima, nell’Italia rurale, i soldi si conservavano sotto il materasso. Oggi, sotto il “mattone”, bene rifugio per eccellenza ma sempre più tartassato dal fisco.
Gli italiani hanno sempre dato il meglio nei periodi più difficili. E’ già successo tante volte in passato. Ma se davvero si vuole invertire il trend, risalire le classifiche e riunire il Paese, c’è bisogno più che mai di stabilità politica e di certezze economiche. Senza questi due elementi continueremo a fare i conti con la Grecia di casa nostra e con tutti i costi sociali di uno sviluppo dimezzato. A cominciare, ovviamente, dall’emergenza lavoro.