Alessandro Corti
“Un passo avanti”. Renzi è sempre più convinto che sia la “#voltabuona per il Paese”. Lo scandisce su Twitter. Lo ripete nella conferenza stampa a Palazzo Chigi. E, in effetti, il pacchetto di misure varato dal Consiglio dei ministri, coglie due obiettivi importanti. Il primo, tutto politico, è di serrare l’asse con Ncd, diventato sempre più strategico dopo la rottura del patto del Nazareno, respingendo al mittente l’ennesimo attacco sul tema delicato del lavoro portato avanti dalla Cgil e dalla sinistra del Pd. I decreti attuativi del “Jobs Act” superano senza modifiche l’esame finale del governo e, soprattutto, senza quello stop ai licenziamenti collettivi chiesto dalle Commissioni lavoro di Camera e Senato. Un blitz che avrebbe attenuato notevolmente gli effetti del provvedimento sul famigerato articolo 18. “Ora gli imprenditori non hanno più alibi”, ha sentenziato Renzi.
Ma le decisioni prese ieri consentono al governo di centrare un altro bersaglio: far capire ai partner europei e ai mercati che l’Italia ha i numeri giusti per realizzare le riforme attese da troppo tempo. Non c’è solo, infatti, il mercato del lavoro. L’altro capitolo, quello delle liberalizzazioni, non è meno importante. Certo, non si tratta di una rivoluzione completa. La strada da percorrere per attaccare i vecchi e nuovi monopoli è ancora lunga. Ma, sicuramente, le misure su Rc Auto e contratti telefonici, così come quelle sulle bollette dei gas e dell’energia, vanno sicuramente incontro alle esigenze dei cittadini e cominciano a colpire interessi e lobbies consolidate. Insomma, “i soliti noti”, come ha chiosato lo stesso presidente del Consiglio. Unica nota dissonante, il rinvio delle misure sulla delega fiscale, complice l’assenza del ministro dell’Economia, Padoan, impegnato a Bruxelles per il vertice sulla Grecia. Se ne parlerà la prossima settimana.
Resta il fatto che liberalizzazioni, fisco e lavoro sono i capitoli chiave della strategia del governo per rimettere in moto l’azienda Italia. Le nuove norme sulla flessibilità dovrebbero dare nuove speranze soprattutto ad una intera generazione di giovani che ha perfino smesso di cercare il lavoro. Le liberalizzazioni dovrebbero scuotere settori dell’economia dove l’assenza di concorrenza ha finito per generare rendite di posizione a danno dei cittadini. La semplificazione fiscale, infine, ha l’obiettivo di snellire norme e procedure rendendo più trasparente il rapporto fra lo Stato e i contribuenti. Messe insieme, le tre cose, potrebbero davvero dare una spinta alla crescita. Ma solo se il governo, effettivamente, riuscirà a mantenere la rotta delle riforme e a procedere sulla sua strada. Magari con un passo, vista la drammaticità della situazione, più spedito.