Antonio Troise
Un’altra tegola si abbatte sui nostri conti pubblici. Questa volta la bocciatura arriva da Bruxelles anche se, per la verità, i suoi effetti dal punto di vista finanziario non hanno nulla a che vedere con i 19 miliardi della sentenza della Consulta sul blocco delle indicizzazzione delle pensioni. Il verdetto di Bruxelles sull’estensione del cosiddetto meccanismo del “reverse charge” alla grande distribuzione apre, infatti, un buco di 700 milioni di euro. Soldi che in ogni caso il governo dovrà trovare se non vuole incappare nella clausola di salvaguardia prevista dagli esecutivi precedenti e che prevedono il ritocco all’insù delle aliquote Iva per tamponare eventuali ammanchi di gettito. Sarebbe, in ogni caso, una batosta sui consumi proprio quando si profilava all’orizzonte una possibile ripresa dell’economia.
Il ministro dell’Economia, Padoan, ha già fatto sapere che troverà un rimedio. Questa volta, del resto, il quadro finanziario ed economico del Paese è molto diverso rispetto a qualche anno, quando si viaggiava sul filo del possibile default. In primo luogo il governo è riuscito a fare qualche passo in avanti sul terreno delle riforme strutturali. L’ultima, in ordine di tempo, è quella sulla corruzione, che dovrebbe mettere un freno ad un fenomeno che brucia, ogni anno, miliardi di euro. Ma non meno importanti le misure varate con il Job Acts, che hanno avuto almeno il merito di sbloccare un mercato del lavoro troppo ingessato. Insomma, qualche segnale positivo che si aggiunge alla uscita dalla recessione certificata qualche settimana fa proprio dall’Istat con la ripresa del Pil. Inoltre, non siamo più gli ultimi della classe nel Vecchio Continente e la stessa bocciatura di ieri non dovrebbe avere un effetto determinante sul giudizio che la Commissione emetterà fra qualche settimana sui nostri conti pubblici e, quindi sulla possibilità di usufruire della flessibilità di bilancio prevista dai trattati.
Detto questo, il verdetto sul “reverse charge” e la sentenza della Consulta segnalano, però, soprattutto un dato: l’estrema fragilità dei nostri conti pubblici pur in presenza di in quadro economico in leggera ripresa. Proprio per questo, più che inseguire il miraggio di tesoretti illusori, destinati a sparire alla prima occasione, l’esecutivo dovrebbe spingere al massimo sul pedale di quelle riforme che potrebbero mettere finalmente in sicurezza i conti pubblici. Da questo punto la bocciatura Ue è un segnale che non va sottovalutato.