Alessandro Corti
Di certi argomenti sarebbe davvero bene parlarne poco o, addirittura, per niente. Lo faceva già capire W.I. Thomas, nel suo famoso teorema: “Se si definiscono certe situazioni come reali, esse sono reali nelle loro conseguenze”. Nulla di più attuale se si guarda al dibattito delle ultime ore sull’eventuale uscita dell’Italia dall’euro. E’ vero che il ministro per gli Affari Europei, Paolo Savona, non hai mai parlato esplicitamente di un divorzio del nostro Paese dall’Europa. Ieri, però, l’economista si è tolto qualche sassolino dalla scarpa ed ha di nuovo fatto balenare l’ipotesi di un piano B, nel caso in cui l’Italia fosse costretta ad uscire dalla moneta unica in seguito a cause indipendenti dalla sua volontà. Naturalmente, chi guida un Paese, fa bene a considerare tutte le ipotesi possibili. Ma una cosa è prevenire in silenzio un’altra è annunciare a gran voce. Soprattutto, poi, se le parole arrivano da un esponente di primo piano dell’esecutivo, da quel ministro che fino all’ultimo minuto ha tenuto in bilico il governo Conti spingendo il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ad esercitare addirittura il potere di veto sul suo incarico al dicastero dell’Economia.
Riaprire il fronte di un possibile “referendum” pro o contro la moneta unica rischia di essere due volte pericoloso. In primo luogo perché potrebbe generare una nuova bufera sui mercati: nulla piace di meno ai risparmiatori e di più agli speculatori dell’incertezza. Come ha scandito ieri il presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, parlando all’assemblea annuale dei banchieri, l’Italia non ha altra opzione se non quella di partecipare maggiormente all’Unione Europea. L’alternativa sarebbe catastrofica e farebbe scivolare la nostra economia nei “gorghi di un nazionalismo mediterraneo molto simili a quelli sudamericani”. Scenari da incubo.
Ma c’è di più. Prima ancora di discutere sul futuro dell’euro, il nostro Paese ha sicuramente ben altre priorità da affrontare e risolvere per imboccare la strada della ripresa economica. Deve completare le riforme ancora lasciate in sospeso, ridurre le tasse, rilanciare gli investimenti, cambiare il mercato del lavoro, sostenere le fasce più deboli… E’ vero che l’adesione alla moneta unica pone all’Italia vincoli molto rigidi sul fronte della spesa pubblica e del contenimento del deficit. Ma siamo proprio sicuri che l’eventuale uscita dalla moneta unica sia in grado di risolvere tutti i nostri problemi? Le notizie sul post-Brexit che continuano ad arrivare quotidianamente dalla Gran Bretagna non sono certo incoraggianti. E, soprattutto, c’è un concetto sul quale tutti dovrebbero riflettere. Come diceva Einaudi, il risparmio degli italiani è sacro. E’ davvero sbagliato metterlo a rischio con qualche parola di troppo.