DI ALESSANDRO CORTI
Dopo Obama, Renzi ha convinto anche i mercati. Poco importa se la cura del neo-premier sia stata solo annunciata e, per ora, sia solo un insieme di scatole vuote da riempire di contenuti concreti. Ieri, l’Italia ha incassato un’improvvisa e inaspettata apertura di credito e di fiducia sulle piazze finanziarie. Il Tesoro è riuscito a piazzare una buona dose dei nostri titoli pluriennali con rendimenti che, per la prima volta dalla nascita dell’euro, sono scesi al di sotto della soglia psicologica del 2%. Sono andate più che bene le cose anche per il Btp a 10 anni: rendimenti così bassi non si vedevano dal 2005. Numeri che hanno dato il buon umore a Piazza Affari: la sua performance è stata una delle migliori del Vecchio Continente. Senza dimenticare, ovviamente, la discesa dello spread con i Bond tedeschi, arrivato sotto la soglia dei 175 punti base, quasi ai livelli pre-crisi.
Un fatto è certo: la macchina dell’Italia, sia pure fra mille difficoltà (come ha avvertito anche ieri il Governatore di Bank Italia, Visco) si sta rimettendo in moto. L’iniezione di liquidità annunciata dal governo sui redditi più bassi potrebbe ridare fiato ai consumi interni. Così come l’annuncio delle riforme dá fiducia agli investitori stranieri. La decisione della banca centrale cinese di acquistare fette importante del capitale di Enel e Eni è sicuramente il segno di un’inversione di tendenza. Un paio di anni fa da Pechino era partito l’ordine, opposto, di stare ben lontani da un paese a rischio default come la Grecia.
Ma bisogna frenare i facili entusiasmi. Il calo dei rendimenti è anche il riflesso di quello spettro della deflazione che si aggira in Europa e che ha cominciato a prendere forma concreta in Spagna. In uno scenario di tassi di interesse ancora in calo e con le incertezze dei mercati azionari, i titoli pubblici finiscono per ritrovare l’appeal dei classici beni rifugio. Insomma, ancora una volta il punto chiave resta quello della crescita. Se l’Europa non accelererá il passo sul fronte dello sviluppo l’instabilità dei mercati finanziari continuerà. Senza considerare gli effetti della deflazione sulla valutazione dell’euro che, non a caso, ieri ha perso terreno nei confronti del dollaro.
Il ragionamento vale ancora di più nel caso dell’Italia che ha pagato il prezzo più alto dal punto di vista del Pil, bruciando quasi il 20% del suo potenziale produttivo. Per ora gli operatori finanziari hanno aperto una linea di credito nei confronti di Renzi. Toccherà al premier non deluderli, andando avanti il più velocemente possibile sulla strada delle riforme. Su questo terreno giochetti non sono possibili: ai mercati basta un attimo per cambiare idea.
Fonte: L’Arena