La studiosa Carla Glori ha decifrato a data attuale oltre trecento frasi dalle lettere della scritta IACO.BAR.VIGEN/NIS P.1495 del cartiglio del “Doppio ritratto del matematico Luca Pacioli con allievo” conservato al Museo Capodimonte di Napoli. In ciascuna frase compare la “firma” VINCI.
Il quadro, famoso e ritenuto un autentico enigma, dopo essere stato attribuito a Piero della Francesca (che nel 1495 era morto da tre anni), è stato attribuito con riserva a Jacopo de Barbari (il cui nome suona simile alla scritta del cartiglio), e ritrae il frate matematico Luca Pacioli, (che nel febbraio 1496 iniziava il De Divina Proportione e la sua collaborazione con Leonardo), accanto a un giovane non identificato. La ricercatrice ha evidenziato che l’iscrizione del cartiglio di Capodimonte con la mosca e la firma di Jacopo de Barbari presente nel dipinto “Natura morta con pernice, guanto di ferro e dardo di balestra” conservato all’Alte Pinakothek di Monaco di Baviera, accompagnata come sempre dal caduceo, non sono oggettivamente simili e risultano non comparabili.
Tramite la semplice aggiunta della parola-chiave latina “musca” (la mosca che è dipinta sul cartiglio accanto a IACO.BAR.VIGEN/NIS P.1495), la studiosa – con procedura metodologica identica a quella adottata nel 2010 per la decifrazione del cartiglio del ritratto di Ginevra Benci, di mano di Leonardo – è stata in grado di estrarre a data attuale oltre trecento frasi latine formate con le medesime lettere alfabetiche dell’iscrizione, verificandone poi il significato con la documentazione storica e biografica e trovando precisi riscontri. Le lettere della scritta del cartiglio , congiuntamente alla parola-chiave “musca”, vengono decomposte e ricomposte in un gioco in cui le parole si trasformano, dando luogo alle frasi rivelatrici, tutte firmate VINCI.
Ciascuna frase è portatrice di precisi riferimenti all’opera di Leonardo, al “De Divina Proportione”, alle azioni svolte dal Pacioli nel dipinto e ai suoi scritti matematici. Inoltre le frasi che si riferiscono al cartiglio stesso e all’allievo – identificato in Galeazzo Sanseverino – contengono puntuali richiami ai luoghi storici di Vigevano e alla storia degli Sforza, e, soprattutto, alla misteriosa vicenda della morte del giovane duca Gian Galeazzo avvenuta nell’ottobre 1494.
Al riguardo trova conferma quanto testimoniato da gran parte degli storici, e cioè che si trattò di avvelenamento ordinato dal Moro (identificato nella emblematica mosca del cartiglio). Compaiono pure i nomi dei personaggi: Ludovico il Moro, Beatrice d’Este, il “mago” Ambrogio da Rosate , la vedova Isabella d’Aragona… Il giovane duca ucciso è soprannominato “agnello” (conformemente al Corio). Vi sono anche sorprendenti riferimenti alla commissione del ritratto delle nozze di Bianca Giovanna Sforza, primogenita del Moro, la cui descrizione coincide con la Gioconda.
Una raccolta delle frasi decifrate è stata pubblicata dall’autrice nel libretto “Abaco Vinciano”, dove la parola “abaco”, riferita al maestro d’abaco Pacioli e alla matematica, si arricchisce di molteplici significati connessi al contesto artistico, fino a designare la procedura stessa adottata per decifrare le frasi, paragonata ad una sorta di “gioco interattivo”, nel quale chi decifra si pone in rapporto con la “macchina alfabetica” del cartiglio, rivelando il codice vinciano di cui è portatrice. Requisito fondamentale per scovare le frasi cifrate nell’iscrizione del cartiglio e firmate VINCI è la condivisione della conoscenza di fatti storico-biografici relativi agli Sforza nell’anno 1495. E la verifica delle decifrazioni, oltre che storica, è anche matematica, dovendo ciascuna frase contenere esattamente le lettere dell’iscrizione.
Carla Glori è giunta alla conclusione che la frase originaria del cartiglio IACO.BAR.VIGEN/NIS P.1495 coincida con una “macchina” di Leonardo, finora sconosciuta e funzionante in base a un programma in grado di formare e trasformare frasi, e potente al punto da generare ramificazioni di storie coincidenti coi fatti reali storicamente documentati dalla fine del 1494 a tutto il 1495.
Le decifrazioni vengono quindi a coincidere con le pagine virtuali di un libro segreto riemerso alla luce dopo cinquecento anni, che racchiude i pensieri e le memorie del Pittore che si firma trecento volte VINCI, le sue citazioni su luoghi di Vigevano da lui frequentati, annotazioni sull’opera di Luca Pacioli, la cronaca delle private vicende della famiglia Sforza e degli eventi documentati alla data 1495 del cartiglio, inclusa la soluzione del giallo storico della morte di Gian Galeazzo Sforza.
Le conclusioni tratte circa la paternità del cartiglio riconducono univocamente a Leonardo da Vinci. Carla Glori sottolinea che nel 1993 il matematico Nick MacKinnon (“The portrait of Fra Luca Pacioli“, The Mathematical Gazette, 77 , 1993, pp. 130 – 219), aveva attribuito a Leonardo il rombicubottaedro circoscrivendo – analogamente a quanto da lei fatto col cartiglio – la sua attribuzione all’obiettivo che si era prefisso.
Le conclusioni di entrambe le ricerche circa la paternità di Leonardo, relative a due elementi molto significativi del quadro, ( attribuzione del cartiglio tramite sua decifrazione e attribuzione del rombicubottaedro sopra citata), non sono destinate a restare isolate e prive di conseguenza al fine del conseguimento della verità ultima sull’identità dell’autore del quadro nel suo insieme. Pertanto, osserva la ricercatrice, i due risultati (consistenti in apporti di diversa provenienza disciplinare e aventi i requisiti necessari per la verifica scientifico-matematica) sono da considerarsi indispensabili per lo storico dell’arte, operante, per quanto di sua competenza e sulla scorta di esami di laboratorio, a diretto contatto del dipinto nel suo insieme.
Si è a lungo dibattuto sulla effettuazione o meno di un viaggio di Leonardo a Napoli, sia con riferimento al criptico memorandum di Ligny del foglio 669r del Codice Atlantico (decifrato dal Calvi e datato alternativamente al 1494 e al 1499) sia in base allo scritto del foglio 816r del medesimo Codice (datato con oscillazioni che vanno dal 1505 al 1515), ove è scritto “…in che modo (potrà essere narrato)/ el paese di Campania tanto fertile e dilectevole/ di sua Natura in forma che manifesto è in un/ luogho esser l’opera dell’allegreza della Natura?” (ma non tutti concordano sull’autografia di quel passo, scritto in elegante corsivo).
Un viaggio possibile, quindi, ma mai provato. Tale questione non è sfiorata dall’autrice della ricerca, ma le conclusioni tratte convergono a provare che – se non proprio Leonardo in persona – qualcosa di estremamente prezioso, unico al mondo e a lui così caro da cifrarne il segreto, è arrivato fino a Napoli.
la ricerca è al link www.carlaglori.com/cartiglio/ (alle voci “ricerca 2013”,”decifrazioni 2013” e “148 soluzioni”)