Ventitré giorni dopo, una certezza grava su Antonio Di Maio, ma le domande continuano ad aleggiare sul figlio, il vicepremier Luigi. Dopo il caso dei due piani tirati su e il condono ottenuto nel 2006, ora il padre del capo del M5s è all’attenzione della Procura di Nola per altri abusi edilizi. Dovrà fornire spiegazioni sulla costruzione dei quattro manufatti a Mariglianella. Così come appare chiaro, oggi, che l’imprenditore e geometra Antonio pagava anche in nero alcuni operai. Restano, invece, da capire alcuni aspetti della gestione dell’impresa edile di famiglia. Proprio su quella società si addensano nodi irrisolti.

A cominciare dal fatto che Antonio non compare mai formalmente. Dagli atti di una causa di lavoro intentata dall’operaio Mimmo Sposito (ora in appello dopo il rigetto deciso dal primo giudice) emerge che era proprio il capofamiglia Antonio a gestire i cantieri e pagare, anche in nero, gli stipendi. Il geometra Antonio Di Maio rimane al centro dell’attività, anche dopo. Non solo in cantiere. Ma anche in società.. Ma allora perché non ha mai ricoperto ruoli, visto che ha sempre svolto attività edilizia ed è riconosciuto da sempre come imprenditore edile, al punto da essere stato nominato dal Comune di Pomigliano d’Arco come consulente delle commissioni Edilizia e Urbanistica? C’entra qualcosa l’ipoteca per 172 mila euro che pende sulla sua proprietà? Per fugare ogni dubbio, Di Maio sr potrebbe fare chiarezza sulla natura di quel debito. Il caso politico è tutt’altro che chiuso. Lo confermano le dichiarazioni del deputato del Pd, di consolidata osservanza renziana, Luciano Nobili: «Di Maio deve dirci perché se l’azienda è del padre, che continua ancora oggi a gestirla in prima persona, è stata intestata prima alla moglie e ora ai figli. Se Di Maio non se ne occupa, come dice, perché è intestata a lui e perché fa da prestanome al padre?»