– – di B. S. Aliberti Borromeo – –
I beni archeologici e culturali presenti in Calabria, in modo particolare nel Reggino, sono considerati di poco interesse, per nulla eclatanti a confronto di altri luoghi sicuramente più ben conservati e pubblicizzati. Tali siti, tengo a precisare, non sono sole pietre, colonne e marmi esposti sotto il sole cocente del Mezzogiorno, tutt’intorno aleggia un’atmosfera sacra, mistica, misteriosa, una dimensione che va oltre alla storia, al mito, oltre quelle che alcuni chiamano “pietre”: si, pietre magiche capaci di evocare quella vita che sembra averle abbandonate da millenni.
Ciò accade a Locri Epizefiri, antica colonia greca che secondo una notizia di Strabone, confermata dai riscontri archeologici, fu fondata verso la seconda metà del VII sec. a.C. da coloni provenienti dalla Locride Opunzia o dalla Locride Ozolia. Fu la prima città d’Europa ad avere un codice di leggi scritte, che la tradizione attribuisce a Zaleuco, oltre che ad essere un importate centro di commercio di artigianato e religioso e, oggi quei reperti così preziosi, così evocativi sono ricoperti da sterpaglie alte più di due metri, infestata da serpi, soffocati da erbacce ed arbusti, dopo essere stati degnamente saccheggiati e deturpati. Locri Epizefiri con i resti del tempio di Marasà, la zona di Centocamere con il quartiere di ceramisti e artigiani, l’antico teatro: sembra ancora di udire le voci dei commercianti, i cori delle processioni oranti, inni alla dea Kore-Persefone, il suono dell’aulos, sistri e cimbali….forse i locresi danzavano con un tamburello legato al polso come sembra fare quella statuetta di Menade, conservata al museo, o come testimoniano pinakes e statuette di terracotta bianca.
Locri, legata al mito di Kore-Persefone, la Kore fanciulla a cui le donne locresi le dedicavano ex voto e bellissimi melograni che ancora oggi adornano le campagne circostanti e che non vengono raccolti, finendo per rinsecchire e svuotarsi dagli alberi dai fiori vermigli, forse perché Persefone non abita più qui. Se nella mitologia la sua scomparsa è legata al rapimento da parte di Ade, re degli inferi che ne fece sua sposa e regina e, per intercessione di Zeus, commosso dalla disperazione di Demetra, madre della fanciulla, Persefone ebbe il permesso di ritornare sulla terra, risolvendo così la questione con parziale soddisfazione delle parti, la statua della dea che era situata, come sostiene l’archeologo Orsi,nel tempio e lei dedicato sulla collina della Mannella, ritrovata casualmente da un contadino, venduta per sete di denaro, scomparsa dove è andata a finire? Anche Corrado Alvaro parla dell’episodio in uno dei suoi romanzi, fino a quando la statua riappare misteriosamente al museo di Berlino, senza nome senza identità e senza provenienza specifica, così scritto Statua proveniente dal Sud Italia.
E dove sono andati a finire le altre statue che abbellivano le celle dei templi, i frontoni, gli alzati che in base alle dimensioni dei basamenti dovevano essere molto grandi? Niente più di niente a Locri Epizefiri, solo una mezza colonna sopravvive nell’angolo più remoto del tempio di Marasà, quello dal quale provengono le lastre di bassorilievo in stile ionico che rappresentano la nascita di Afrodite dal mare e la stessa con suonatrici, collocate al centro del tempio del quale oggi restano parti del basamento ed alcuni altari per sacrifici, oggi legate al Trono Ludovisi e stanno a Roma. Qui più nulla, solo grida di pianto di quelle “pietre” soffocate da sterpaglie, dimenticate dall’uomo incurante del valore della storia.