Marco Zatterin, La Stampa
“La migliore Unione europea possibile è quella in cui il vertice dei leader trova il necessario compromesso che battezza politicamente il Recovery Fund e la Bce carica con determinazione il bazooka per finanziare i debiti pubblici e scongiurare una pericolosa crisi di liquidità continentale. E’ successo ieri, 10 dicembre”. Con queste parole Marco Zatterin commenta sulla Stampa le decisioni prese ieri dalle istituzioni comunitarie. “I 1850 miliardi stanziati sino al 2022 dalla Bce permetteranno di acquistare oltre due terzi delle emissioni sovrane in arrivo, pertanto faranno da stampatelle ai maxidebiti e garantiranno la circolazione della liquidità, puntellando anche le banche che la trasmettono. Seguono i 750 miliardi del Next Generation Eu, i 240 della parte sanitaria del Mes, i 100 dell’iniziativa Sure per l’occupazione, oltre ai 200 della Banca europea degli Investimenti. Fra prestiti agevolati e fondo perduto, uniti al lanciafiamme Bce, fanno 3140 miliardi, per ora e in sei anni. Quasi due volte la ricchezza italiana prodotta in un anno. Certo, si può dire che la mediazione con Ungheria e Polonia è politicamente proficua ma eticamente scarsa, ma il tempo delle chiacchiere e dei pretesti andrebbe archiviato. La soluzione della tragedia virale sta nell’azione, nei programmi, nell’efficacia e nell’efficienza. Si richiede uno sforzo corale e coordinato, nel rispetto delle regole e consapevole di quanto immane è lo sforzo che ci attende. Ci sono aziende da salvare, posti da trovare, diseguaglianze da sanare, uomini e donne da curare. E’ il momento di globalizzare lo spirito del «Whatever it takes» di Mario Draghi. Ogni Paese, ogni capitale, ogni potere nazionale e locale deve fare il proprio mestiere e basterà fare quello. I soldi ci sono, l’opportunità non può essere smarrita, gli alibi europei sono finiti e così dovrebbe essere ogni diatriba politica fine a sé stessa. L’Europa va, gli europei devono seguire”.
Federico Fubini, Corriere della Sera
“Abbiamo sedici mesi per iniziare a metterci in sicurezza”. Sul Corriere della Sera Federico Fubini commenta i 500 miliardi in più per il programma di acquisto di titoli pubblici Pepp annunciati ieri dalla Bce e invita a non perdere tempo. “Lagarde ha annunciato che il programma di emergenza di acquisto di titoli di Stato viene esteso a fine marzo 2022 con una dotazione rafforzata fino a altri 500 miliardi di euro. Potrebbe proseguire anche dopo, se la situazione lo giustificasse, ma ha lasciato capire che non se lo aspetta: tra un anno i vaccini dovrebbero aver prodotto l’immunità di gregge in area euro e l’economia potrebbe ripartire in condizioni quasi normali; dunque, fra sedici mesi si dovrebbe poter sospendere la continua e abbondante aggiunta del sempre nuovo nutrimento artificiale che oggi serve a far funzionare i governi nell’emergenza. Il momento di prepararsi dunque è adesso, anche perché alcuni indizi si notano già. Il 9 novembre, all’annuncio sul vaccino della Pfizer, lo spread fra titoli italiani e tedeschi si è impennato di colpo di cinque decimali. Resta basso, ma quello scarto lascia capire come il ritorno alla normalità risveglierà anche le vecchie domande su un debito pubblico che nel frattempo anche nel 2021 continuerà a salire. Almeno 35 miliardi del deficit di quest’anno si trascineranno l’anno prossimo, altri 25 verranno da nuove misure, poi ci saranno nuovi ristori e la cassa integrazione necessari e una base di disavanzo preesistente. Così il deficit si avvicina a livelli da prima repubblica. E la prospettiva di elezioni nel 2023 rende poco credibile una cura di tagli e di tasse proprio l’anno prima. Che fare dunque? Una strada c’è, sempre la stessa: crescere di più, dopo aver accumulato dal Duemila un ritardo sugli investimenti pubblici da quasi duecento miliardi rispetto alla media dell’area euro”.
Francesco Bei, Repubblica
“Il via libera del premier agli spostamenti natalizi tra comuni limitrofi è il primo frutto concreto della battaglia parlamentare dell’altro ieri sulla riforma del Mes. Una giornata che ha fatto slittare vistosamente gli equilibri nella maggioranza e nel governo”. Lo sostiene su Repubblica Francesco Bei. “Il futuro del premier si è fatto un po’ più incerto. Conte non è più protetto da quei sondaggi stellari che, oggettivamente, rendevano velleitario ogni tentativo di scalzarlo. Ma soprattutto al premier sta venendo meno la sponda fin qui offerta dal Pd, che non ha più timore di uscire allo scoperto segnalando le cose che non vanno nella gestione solitaria del capo del governo. Anche Renzi in fondo non ha più niente da perdere; ora che le Regionali hanno stabilito il suo peso elettorale, è solo in Parlamento che l’ex premier può far valere la forza residua che gli deriva dalla pattuglia di senatori fedeli. Conte sembra dunque arrancare ogni giorno tra i colpi bassi degli alleati e lo scetticismo crescente della sua stessa coalizione”, anche perché “non è riuscito nell’operazione di puntellare la maggioranza con un sostegno esterno, anzi ha sospinto nuovamente Berlusconi nelle braccia di Salvini. Avrebbe potuto fare di più? Probabilmente sì, a partire dall’accettare una condivisione maggiore sulla legge di bilancio, così ora deve guardarsi le spalle continuamente. Può anche darsi che Renzi accetti di venire a più miti consigli e incassi un cambiamento sia sulla cabina di regia sia sulle poste del Pnrr. Eppure, l’appuntamento con il destino sembra soltanto rimandato a dopo l’approvazione della legge Finanziaria. Anche perché ieri, con l’annuncio della Bce di voler portare la dotazione del Pepp a 1.850 miliardi, è venuta ulteriormente meno anche la barriera psicologica alla crisi di governo, ovvero la possibilità che l’Italia possa finire preda dei mercati”.