ALESSANDRO CORTI –
Ma quanto vale il Colosseo? O la Fontana di Trevi? Non serve scomodare Totò per capire che si tratta di valori talmente grandi da non essere misurabili solo economicamente. Eppure, evidentemente, alle agenzie di rating che qualche anno fa bocciarono l’Italia portando i suoi titoli pubblici quasi al livello di “spazzatura” i grandi asset culturali del Bel Paese, valgono poco o nulla rispetto al Pil, alla ricchezza realmente prodotta. E, allora, bene ha fatto la Corte dei Conti a mettere in evidenza uno dei tanti punti deboli dei giudizi emessi, periodicamente, dalle tre regine del rating internazionale, Standard and Poor’s, Moody’s e Fitch. Verdetti costati carissimi all’Italia non solo in termini di immagine ma soprattutto per gli interessi pagati ogni anno sul debito: un danno da 234 miliardi. Ma al di là della battaglia legale, ancora tutta da combattere nelle aule giudiziarie, la mossa della Corte dei Conti solleva una serie di questioni di non poco conto.
Qualche tempo fa un autorevole ministro dell’Economia sentenziava, brutalmente, che “con la cultura non si mangia”. La lettera dei giudici contabili mette le cose a posto e fa giustizia di una frase decisamente infelice. Resta il fatto che, di cultura e beni artistici, se ne parla forse troppo poco e solo in momenti di emergenza. Forse, sarebbe molto meglio occuparsene prima che le agenzie di rating sfornino giudizi sul debito italiano o che nel sito di Pompei caschi qualche altra domus romana.
La Corte dei Conti ha avuto il coraggio di puntare l’indice sullo strapotere delle agenzie di rating, un’autorevolezza che neanche lo svarione del 2008, quando continuavano a promuovere e pieni voti i famigerati mutui sub-prime, è riuscita a scalfire. Merito non solo delle loro capacità ma anche, e forse di più, di quella lobby politico finanziaria di marca anglo-sassone e statunitense, che vede proprio in queste agenzie uno dei capisaldi. Di fronte a questo dominio il vecchio continente, finora, è stata praticamente inerme, non riuscendo neanche a creare in embrione quella agenzia di rating europea in grado di contrastare quelle americane se non altro per l’entità delle forze in campo.
I tentativi per creare una Standard & Poor’s europea sono tutti miseramente falliti. Ma, c’è da dire anche che, se la nuova agenzia rispecchiasse le reali forze in campo, probabilmente sarebbe a immagine e somiglianza della Germania. E, anche in questo caso, probabilmente, la musica per l’Italia, paese dal grande debito, sarebbe cambiata poco. Probabilmente, anche per i tecnici di Bonn il Colosseo e la Fontana di Trevi avrebbero avuto un valore. Ma solo nei film di Totò.