“Nell’enigma che un possibile nuovo Governo dovrà sciogliere tra
continuità e discontinuità, un tema di fondo sul quale l’esecutivo
dovrà necessariamente marcare una svolta rispetto alla “Politica”
dell’ultimo ventennio, prima ancora che alle politiche del governo
uscente, è quello del Mezzogiorno. Proporre una nuova lettura del Sud,
con un’idea di paese non più divisiva ma unitaria sulla quale fondare
le politiche per la crescita”. Lo scrive il direttore SVIMEZ, Luca
Bianchi, in un articolo pubblicato integralmente su Huffington Post e
firmato insieme al professore, Carmelo Petraglia.
“Da troppi anni la politica nazionale, senza particolari distinzioni
tra schieramenti, ci ha abituati a una narrazione di economia e
società nazionali sommatorie geografiche di due parti con problemi
diversi e, perciò, alla ricerca di soluzioni distinte. La politica
nazionale, inconsapevole dei benefici estraibili dalla valorizzazione
delle interconnessioni tra Nord e Sud, ha finito per spezzare quella
coesione, alimentando opposte rivendicazioni territoriali. È cresciuto
il malcontento del Nord produttivo vittima dell’oppressione fiscale e
burocratica. La stessa peraltro (se non maggiore) che schiaccia i ceti
produttivi meridionali”.
“Per favorire la crescita senza lasciare indietro gli ultimi, al Nord
e al Sud, l’azione di governo nel suo complesso andrebbe ispirata ad
una visione unitaria del paese.
Costruire una nuova politica di coesione vuol dire uscire dal ghetto
degli “stanziamenti straordinari per il Sud”, che tra l’altro quasi
mai si traducono in spesa effettiva, per ricostruire un nuovo patto di
cittadinanza tra politica e cittadini basato su impegni precisi e
obiettivi misurabili di miglioramento dei servizi essenziali. La
scuola in primo luogo, con interventi e risorse aggiuntive laddove più
alto è l’abbandono scolastico e più bassi i livelli di competenze
degli studenti; ma anche nel sistema sanitario, per ridurre
l’emigrazione ospedaliera, e nel sistema di assistenza ai bambini e
agli anziani, anche qui con un piano nazionale di supporto ai Comuni
con livelli inadeguati di servizi. E accanto a questo, un nuovo “Stato
strategico e innovatore” per l’incremento della dotazione di
infrastrutture economiche, ambientali e sociali, del capitale umano e
dell’innovazione per le imprese. Non ci si può accontentare del solito
richiamo alla necessità di rilanciare il Sud con un generico piano di
investimenti, magari per compensarlo in vista della concessione
dell’autonomia rafforzata a Emilia Romagna, Veneto e Lombardia.
Sarebbe un film già visto tante volte. Per fronteggiare lo spettro
della recessione, occorre una nuova visione del rapporto Nord-Sud e
delle politiche di sviluppo, insieme ad un’attuazione ordinata del
federalismo fiscale da attuare con le garanzie dei Livelli essenziali
delle prestazioni (LEP) in tutte le Regioni italiane, sfidando anche
le classi dirigenti del Sud. Ma il primo investimento che dovrà fare
il nuovo governo Conte, se ci sarà, è un investimento “politico” nel
Sud, un nuovo patto con i suoi cittadini e le sue imprese, per avere
un paese più coeso e quindi più forte”.