NEL CUORE della Sicilia, sulle colline di Militello a quaranta chilometri da Catania, c’è una «cattedrale nel deserto». Tenuta Ambelia, questo il nome del complesso, allo sfascio tra dispute politiche e l’inerzia delle istituzioni. Nella mente dei nobili Branciforte, suoi antichi proprietari, tenuta Ambelia in origine doveva essere un’azienda a vocazione viticola.
Dal 1884 fu sede del regio deposito stalloni del Ministero della Guerra e gestita alla stregua di un istituto militare, fino a quando, negli Anni ’60 la Regione subentrò alla gestione del Ministro della Difesa. Considerata la destinazione d’uso degli ultimi centotrenta anni, Tenuta Ambelia è dotata di scuderie per un totale di 105 box. Almeno nelle intenzioni e sulla carta, oggi Ambelia esiste per l’allevamento e il mantenimento delle razze equine e asinine autoctone siciliane con particolare attenzione al Purosangue Orientale, espressione attuale più tipica del cavallo siciliano. Secondo quanto riportato nelle delibere regionali e dalla stampa siciliana, Flaminia, Fosca, Ontano, Ersilia, Giotto e Greta “ tutti rigorosamente blasonati di Ambelia“ valgono tutti insieme 6150 euro. Sempre secondo le medesime fonti, sarebbero impiegati presso il Centro di Incremento Ippico di Catania (con relativo distaccamento ad Ambelia), 40 palafrenieri per un costo complessivo di 2 milioni 200mila euro all’anno. Ai quali vanno poi aggiunti 60mila euro lordi all’anno del direttore e 4mila euro al mese per il consiglio di amministrazione. Il tutto senza aver neppure iniziato a parlare del mantenimento delle strutture e neppure dei cavalli. Un’impresa da oltre 2milioni e mezzo di euro all’anno per una produzione da meno di 10mila euro: 6150 euro…
La storia della vergogna di Ambelia ha tanti attori protagonisti. Era il 7 marzo del 2011 e al Palazzo d’Orleans, sede della Regione Sicilia, l’amministrazione in carica presentava alla stampa il piano di rilancio e valorizzazione dell’Istituto di incremento ippico della regione. Al tavolo dei relatori sedevano Raffaele Lombardo, presidente della Regione, due assessori, tre dirigenti, il commissario straordinario dell’Istituto Daniela Lo Cascio e il direttore Salvo Paladino. Qualche settimana più tardi avrebbe preso la parola in conferenza stampa anche l’allora presidente del Comitato Regionale Fise, Pierfrancesco Matarazzo, pronto a non lasciar scappare ai propri tesserati un trampolino di tale levatura per riproporre eventi di carattere internazionale anche in Sicilia. Ma le cose non funzionano. Gli ingranaggi di palazzo si inceppano nonostante la poderosa mano di Lombardo e già il 29 settembre 2012, l’Amministrazione regionale torna a parlare di ‘nuovo progetto di valorizzazione della Tenuta Ambelia’. La gestione dei servizi integrati turistico- ricettivi della bella tenuta di Scordia viene affidata dalla Regione al Consorzio Sol.co e si parla di promozione, visite didattiche, pet therapy, eventi. Ad aprile del 2013 però cade Lombardo, e al suo posto prende il timone della Regione Rosario Crocetta. Che ci mette davvero pochissimo a individuare nell’Istituto di Incremento Ippico, con le sue diverse sedi (compresa Ambelia) una insensata voce di spesa. Partono i tagli, pesantissimi e la Regione chiude i rubinetti. Da tutto a niente senza alcuna via di mezzo, proprio mentre il deputato regionale Nello Musumeci tuona chiedendo al governo Crocetta interventi per il potenziamento dell’Istituto. E così parte il sequel dei titoloni sulla stampa: Chiude l’Istituto di Incremento Ippico, Dipendenti senza stipendio e cavalli senza mangime Il 13 novembre scorso, arriva il primo raggio di luce: l’Assessore all’Agricoltura Dario Cartabellotta riesce a sbloccare, attraverso variazioni di bilancio, l’erogazione dei fondi e i 40 dipendenti dell’Ente tirano un sospiro di sollievo. Almeno per il momento.